Scuole, una situazione sfuggita di mano
13 Ottobre 2009
Ho l’impressione che la proposta di riorganizzazione della rete scolastica varesina sia sfuggita di mano all’Amministrazione comunale rilevandosi un vero e proprio boomerang.
Mi piacerebbe apportare un contributo di riflessione a proposito di una questione così rilevante per l’assetto culturale e sociale della nostra città, analizzando tre aspetti prioritari.
Aspetto legislativo:
lo schema di regolamento recante “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica” ai sensi dell’art. 64 del Decreto Legislativo 112 del 25 giugno 2008 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 133 del 6 agosto 2008, cita nell’ordine:
· “…le istituzioni scolastiche mantengono l’autonomia in presenza di un numero di alunni compreso tra 500 e 900 unità”
· “…nell’organizzazione della rete scolastica deve essere data priorità alla costituzione di Istituti Comprensivi”
E, per quanto riguarda i parametri relativi ai “punti di erogazione del servizio” (plessi):
· “…i plessi di scuola primaria sono costituiti, di norma, in presenza di 50 alunni”
Ciò detto ci si potrebbe domandare perché non si è proceduto, nello spirito della legge, ad una proposta di riorganizzazione nell’ottica una pianificazione delle uniche realtà non ancora verticalizzate (DD Varese 6, DD Varese 7, Scuola Media Dante) costituendo un Istituto Comprensivo che, oltre a essere uniforme agli altri già esistenti in città (e in quasi tutta la provincia), permetterebbe un risparmio economico (razionalizzazione degli spazi e del personale, risparmio di dirigenze e segreterie, accorpamento dei servizi comunali) senza incidere in alcun modo sulla chiusura di plessi e sul conseguente malessere e disappunto delle famiglie. Decisione che per altro spetta all’Ente locale e non l’Amministrazione centrale. (Mai sentito parlare di modifica del Titolo V?).
Aspetto educativo didattico e, perché no,… politico
E’ ben strana la proposta di chiusura di plessi scolastici tanto radicati nel tessuto sociale della città e, per di più, siti in quartieri a così forte identità. Specialmente in terra leghista, ciò equivale ad una abiura dei principali valori che definiscono un luogo unico e irripetibile in base alle proprie specificità storiche, sociali, geografiche, relazionali, in una parola: culturali.
Non c’è nulla di più potente di una scuola per definire e costruire l’identità collettiva. Non è un caso che il percorso dell’area antropologica nella scuola primaria inizi e approfondisca lo studio storico, geografico e sociale del quartiere. I bambini imparano nelle scuole di rione la storia della loro Castellanza, le caratteristiche geografiche, morfologiche e ambientali di quel territorio, frequentano la circoscrizione, la biblioteca di quartiere, ascoltano le testimonianze degli anziani che ne rappresentano la storia. Inoltre, che ci piaccia o no, la scuola è il luogo privilegiato, specialmente nel periodo dell’infanzia, della relazione e dell’aggregazione, della condivisione di legami e norme comuni che diventeranno, nel tempo, le caratteristiche di quella determinata organizzazione sociale. Per amare e rispettare un luogo non conta tanto esserci nato, quanto sentire di farne parte.
Aspetto sociale, relazionale
Mi piacerebbe saper come mai, alla faccia di tutto il parlare che si fa di patto educativo di corresponsabilità tra scuola famiglia e territorio a nessuno sia venuto in mente di provare a parlare con le famiglie (nelle figure istituzionali dei presidenti del Consiglio di Istituto o di quei magnifici padri e madri che dedicano tempo e energie nelle innumerevoli associazioni o comitati di genitori) per cercare di individuare con loro un’alternativa possibile, una proposta più rispettosa delle esigenze di ciascuno e non calata dall’alto in puro stile centralistico. Se non si cerca la condivisione neppure per argomenti così determinanti è un po’ difficile sbandierare come priorità le esigenze della “propria gente”.
Mi pare veramente riduttivo e ingeneroso incolpare di tutto ciò una sola persona: l’Assessore avrà certamente condiviso con la Giunta e con il Sindaco un così gravoso e importante atto politico.
Si è persa un’occasione preziosa di sperimentare un laboratorio di reale federalismo laddove, una volta tanto, c’erano sia la possibilità (dettame legislativo), la circostanza (tutti siamo chiamati, in questi tempi di emergenza sociale ed economica ad uno sforzo innovativo rispetto alla modifica del sistema del welfare), l’interesse (da tempo non si sentiva una tensione emotiva così forte da parte della cittadinanza).
Lo so, avevo detto che avrei parlato solo di tre aspetti prioritari, ma devo per forza soffermarmi su un quarto, non meno importante. Questa amministrazione ha una vaga idea di quanto sia complicata la vita di una giovane madre?! Di quali equilibrismi debba fare per arrivare a sera tra la cura della famiglia, della casa, l’educazione dei figli, i conti che non quadrano e il legittimo desiderio di realizzarsi attraverso il proprio lavoro? Se qualcuno ne avesse sentore, dovrebbe sapere che avvalersi di pari opportunità di genere significa anche e, soprattutto, la certezza di poter contare su una scuola di qualità: quella del tuo rione, dove solo condividere con le altre donne pochi minuti al mattino ti fa sentire meno sola, ti fa pensare che puoi contare nell’appoggio della tua comunità e… non ti fa sbattere dall’altra parte della città quando sei già in “un ritardo pazzesco”!
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