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“Siate orgogliosi, cari colleghi, della nostra professione”

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13 Settembre 2013

Cari insegnanti,
chi si indirizza a voi in questi primi giorni di scuola, per il tramite di codesta rubrica, è un ex insegnante passato un anno fa dal ‘continente’ del lavoro a quello della pensione. A questo proposito, ricordo che, ogni qual volta si iniziava un anno scolastico, provavo un indicibile entusiasmo, ma anche un reverenziale timore nel momento in cui entravo in classe e vedevo gli studenti alzarsi in piedi in segno di rispetto, poiché mi chiedevo se ancora una volta sarei stato umanamente, culturalmente e didatticamente all’altezza del “mestiere più bello del mondo”. Poi all’ottimismo subentrava, nei mesi seguenti, lo scoramento che nasceva dal basso stipendio e dalla mancanza di rispetto nei confronti della nostra professione, da allievi non sempre interessati agli argomenti che vengono svolti, dai loro genitori sempre disposti a dare ragione ai propri figli (anche se così li danneggiano), dalle molteplici pressioni, a volte perfino da un certo disprezzo. 
Tuttavia, stimati colleghi, anche se non mancheranno attorno a voi diverse circostanze che mortificheranno la vostra motivazione, io penso che debba esservi di conforto la certezza che oggettivamente l’insegnante, nella lista delle professioni più alte, viene al primo posto, prima ancora del medico, del giudice, dell’avvocato, dell’ingegnere, se non altro perché nessuno di questi professionisti lo sarebbe diventato senza il contributo fondamentale dei suoi insegnanti. Non permettete quindi che gli altri si rivolgano a voi, chiamandovi ‘prof’: non è un segno di cameratismo democratico, ma di scarsa considerazione, quando non di larvata derisione, poiché nessuno si sogna di rivolgersi ad un avvocato chiamandolo ‘av’ o ad un ingegnere appellandolo ‘ing’. Non date retta ai vari analfabeti e semianalfabeti che oggi si considerano superiori a voi. Rammentate sempre che un professore, un medico o un giudice non può autoproclamarsi tale.
Siate orgogliosi, cari colleghi, della nostra professione che richiede, oltre ad uno studio perseverante e diligente nella preparazione delle lezioni e delle verifiche, così come nella correzione delle prove scritte, un grado elevato di autocontrollo e spesso la rinuncia a non pochi vantaggi. Non permettete che persone arroganti, vanitose ed autoreferenziali, che vivono nel mondo del profitto, vi tengano lezioni sul successo.
Tenete presente che, di fronte a coloro che tentano di svalutare il vostro lavoro, voi siete i custodi della dignità della vostra professione. Il titolo di professore viene acquistato con molto impegno e bisogna sobbarcarsi a grandi fatiche per affinare i contenuti e il modo di porgere la disciplina su cui tale titolo si fonda. Non rinunciate mai alla vostra autostima, perché, se lo farete, sarete considerati con sufficienza anche dagli altri. Siate dunque orgogliosi e convinti del vostro ruolo, e tenaci nell’intenzione di studiare per tutta la vita, perché voi siete coloro che, nel bene e nel male, lasciano il segno. 
Vogliate bene ai vostri studenti anche quando non lo meritano, poiché voi dovete guardare sempre a ciò che essi possono diventare, non a ciò che essi sono. Fate in modo di valorizzare ciò che in loro è nobile, anche se non ne sono consapevoli, anche se lo hanno nascosto sotto la cenere dell’indifferenza. Sotto quella cenere un insegnante sa che vi è sempre la possibilità di suscitare il fuoco. Non regalate loro i voti, ma operate in modo che i loro risultati possano migliorare. Riconoscete e apprezzate il loro impegno, facendo loro capire che possono avere successo se studiano. Non cessate mai di ricordare loro che chi semina prima o poi raccoglie. Né vi è bisogno che io vi ricordi, giacché lo sapete fin troppo bene, che l’autorità di un insegnante si chiama autorevolezza ed esclude sia la severità eccessiva sia l’indulgenza corriva. L’insegnante deve essere un pedagogo, non un demagogo: perciò, stimati colleghi, non fate l’errore di mettervi sullo stesso piano dei vostri studenti, non rapportatevi a loro come se foste loro compagni. Siete voi che dovete fissate regole, paletti e ruoli all’interno e fuori dell’aula, poiché, sul piano antropologico, non esiste una simmetria tra loro e voi. 
Cari colleghi, insegnate infine ai nostri giovani ad amare questo nostro Paese, poiché se essi non lo ameranno, conoscendone virtù e difetti, pregi e limiti, punti di forza e di debolezza, essi non saranno buoni cittadini né del nostro Paese né dell’Europa né del mondo. Voi avete un compito straordinario, diciamo pure una missione: restituire autorità e prestigio alla scuola e alla conoscenza. La vita infatti, diceva Giuseppe Mazzini, non è solo piacere, ma è anche missione, e questa oggi è la vostra missione, alla quale anch’io non smetterò, pur operando nelle retrovie, di offrire il mio appassionato e sincero contributo. Buon lavoro e buon anno scolastico, carissimi colleghi. Voi vi rivolgete al nostro futuro e avete nelle vostre mani le chiavi del futuro. Usatele bene

Italicus

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