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Togliere l’Ici è possibile, parola di sindaco

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7 Aprile 2006

Caro Direttore,
togliere l’ICI sulle prime case è un progetto legislativo ambizioso ma raggiungibile.

Quel balzello, si chiamava ISI, fu introdotto a suo tempo dal Governo Amato. Nel tempo poi, i Comuni, così indirizzati a fare dal legislatore, hanno costruito i loro Bilanci in modo tale che quell’imposta coprisse buona parte delle spese correnti: spese oggi irrinunciabili per qualsiasi Comune, bancarotta a parte.

Se un Sindaco oggi mi dicesse, per il suo Comune, di voler fare a meno dell’ICI sulle prime case, penserei d’istinto che abbia perso il senno. La proposta però arriva da un Legislatore, non da un Sindaco. La proposta giunge dal Segretario politico del partito che si suppone, in caso di vittoria del centro destra, sia all’interno della coalizione: il partito con la maggioranza relativa.

Penso sia innegabile, sarebbe irresponsabile ed inutilmente demagogico dire il contrario, che un Legislatore di quella portata, che lo voglia fare, possa attuare una politica concretamente capace di portare nell’arco di cinque anni di legislatura, all’eliminazione dell’ICI sulle prime case.

E’ semplice anche capire come ciò possa avvenire: basta pensare alle anime che compongono la coalizione di centro destra: applicando finalmente il federalismo fiscale.
Basta permettere che una piccola ma significativa percentuale dell’IRPEF già pagato dai residenti, resti ai loro Comuni. Non dimentichiamo che un legislatore potrebbe prevedere –per puro esempio ma le ipotesi sono molte- che il 5/10% dell’IRPEF già versato dai residenti resti ai loro Comuni, sarebbe una quota generosissima che per molti comuni significherebbe addirittura un aumento di gettito oppure, non volendo garantire ai Comuni un gratuito aumento di gettito, potrebbe portare gl’italiani ad una riduzione d’imposta.

Tra l’altro, pur a disposizione ma senza dilungarmi qui nel merito, vorrei porre all’attenzione comune un ulteriore elemento di riflessione. L’Italia oggi si compone di una larghissima maggioranza di Comuni sotto ai 10.000 abitanti e di una minoranza, circa il 15%, al di sopra; quei comuni di maggiore dimensione demografica sono per lo più posti nell’interland congestionato di grandi città. Nel contempo, c’è una quota di Comuni al di sotto dei 3.000 abitanti, che sta ancora subendo un preoccupante fenomeno di spopolamento di connazionali e contestuale ripopolamento, che appare sempre più stabile e pregnante, di cittadini extracomunitari.

Eliminando, naturalmente in sede legislativa non amministrativa, tale balzello, che oggi, non dimentichiamolo è ancora irrinunciabile, il legislatore innesterebbe un meccanismo sociale indotto di “ripopolamento” dei piccoli comuni a favore di un contestuale decongestionamento delle suddette aree oggi intensamente, quasi insostenibilmente, popolate ed urbanizzate.

L’approfondimento di tale considerazione è semplice, quindi la lascio ad ognuno come proficuo stimolo di riflessione, per un utile ed individuale approfondimento di pensiero.

Cordialmente,

Dario Clivio sindaco di Orino

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