Troppo pathos, quando si parla nucleare, non fa buona informazione

28 Agosto 2025
Gentile Direttore,
da qualche tempo il prof. Rovelli, che insegna fisica teorica in Provenza, è diventato un divulgatore scientifico sulle pagine del Corriere della Sera.
Per la verità la sua prima uscita, nella quale il prof. Rovelli ha apertamente denigrato Enrico Fermi additandolo come massone, sembrava più una polemica verso l’università La Sapienza di Roma, dove il premio Nobel per la fisica lo hanno vinto nuovamente con Giorgio Parisi nel 2021. Per smorzare i toni su questo argomento, essenzialmente storico, basterà ricordare che Fermi emigrò negli USA per sfuggire alle leggi razziali, oppure che tra i ragazzi di via Panisperna c’erano autentici genii, riconosciuti da Fermi stesso con capacità intellettive di molto superiori alle proprie, ad esempio il catanese Ettore Majorana.
Il secondo argomento toccato da Rovelli riguarda la presenza di armi nucleari in Italia. Questo è un tema che conquista l’attenzione del grande pubblico suscitando emozioni negative, ma io non sarei sorpreso se l’Italia possedesse tecnologie militari proprie anche a livello nucleare. Il professor Rovelli sa infatti bene che costruire una bomba nucleare è un processo molto articolato, ma non è concettualmente difficile: si tratta di una tecnologia ben nota a tutti gli stati sovrani del mondo. Decidere di costruire armi è però una decisione politica e nessun politico ha interesse a far sapere di essere disarmato, se non altro perché una diplomazia disarmata è una diplomazia inutile. Il risultato è che la guerra nucleare è sostanzialmente propaganda: queste armi esistono ma, a differenza del 1945, il loro utilizzo in campo aperto è molto improbabile, perché risulterebbe più dannoso che efficace, oltre che non privo di rappresaglia.
Ultimo tema del professor Rovelli riguarda l’adesione dell’Italia al Trattato di non proliferazione nucleare del 1975. Sulla base di questo trattato l’Italia non sviluppò, in effetti, un’arma nucleare completa ed infatti il sistema Alfa, testato dalla Marina a Salto di Quirra nel 1976, era solo un missile che non trasportava nulla, perché nella testata aveva una zavorra inerte. E’ tuttavia opportuno ricordare che, pur avendo l’Italia un’importante tradizione nel settore dei materiali energetici, a dare agli Italiani una tecnologia missilistica propria sono stati gli Svizzeri negli anni Cinquanta. Furono loro i primi a lanciare ufficialmente dal Poligono di Salto di Quirra, anche se il pioniere di queste discipline, in Italia, fu il torinese Aurelio Robotti. Ed anche il milanese che fondò la più importante azienda italiana del settore, molto religioso e buon esperto nella produzione di liquori, aveva studiato al Politecnico di Zurigo.
Il prof. Rovelli forse pensa che la Svizzera, popolo in pace da secoli nonché patria del tiro a segno, non possieda armi nucleari? Io non posso saperlo, ma probabilmente la risposta è sì.
Antonio di Biase
Membro dell’Istituto Americano di Aeronautica ed Astronautica
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