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Turismo a Varese, sono le ville storiche il vero punto di forza

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14 Giugno 2006

Leggiamo sui fogli quotidiani locali che durante cene e banchetti si è parlato del futuro turistico di Varese. Trascorsi i tempi in cui si litigava sul calcio, sulle automobili, presenti i tempi in cui si fanno pochi affari, ecco che con la forchetta saldamente impugnata davanti al bel piattone di tortelloni della casa, illustri indigeni miscelati con perfetti misconosciuti emergenti e tracimanti si dibattono seriosamente sul futuro turistico di Varese. Perbacco, sono solo 40 anni che se ne discute! Idee non mancano mai e salvo il caso di qualche salata parcella di qualche addetto al mestiere, non costa nulla mettere le gambe sotto il tavolo e la panza in compressione sullo stesso. Sempre meglio che guardare la televisione che più che calcio e tette non propone, in generale.

Addentando un panino seduti sui gradini di una chiesa con quelli di Italia Nostra, qualche settimana prima del banchetto degli indigeni, ci si chiedeva per quale ragione, non dettata da necessità e lavoro, qualche curioso trovasse stimolante imbattersi sulle rotte varesine. Un cul de sac.

Ospiti della sezione di Italia Nostra di Vicenza, si poteva cogliere l’enorme divario tra la città del Palladio e la terra bosina, tanto da rendere problematica una proposta di invito ai cortesi,signorili, acculturati vicentini che ci avevano accolto. “Ghe femm vedè cusè?”.

Il padano Longoni, assessore in Provincia, onore all’avversario, qualche bella idea l’ha messa in pratica ma la strada è lunga. In una città come Varese dove si distruggono i giardini per costruire residence in vie centralissime e si segano magnolie secolari per fare garage sottoterra, perdio, nella piena legalità, resta pur sempre interessante il patrimonio accumulato e che immancabilmente è destinato a sparire. Il bosco di liquidambar, da correre a vedere subito, sopra il laghetto dietro le ville Ponti lascerà il posto ad un bell’albergo, progetto del Caini, ben noto a radiofili. Giusto così, ma si continua a segare.

Città Giardino, sempre meno giardino, sempre più aiuola spartitraffico od angolo fiorito, la nostra amata(?) Varese e i suoi dintorni possono dare per un turismo non propriamente di nicchia, una peculiarità: i giardini storici.

Un percorso di storia dei giardini dal medioevo al 900, nella nostra terra vanta esempi di sicuro interesse. Occorre “fare sistema” come si sul dire oggi tra la gente che conta, ma il vantaggio è evidente. Un percorso minimo va dal chiostro di Voltorre dove una lezione sulla simbologia e sulla scelta simbolica di piante e fiori, della fontana d’acqua, dei viali…ci porta al medioevo, per poi andare a Bisuschio a villa Cicogna, nel magnifico giardino all’italiana, a Casalzuigno poi, ed arrivare al Settecento ai giardini Estensi a Varese, a Villa Panza, al parco di Villa Ponti (800), ed arrivare ad un giardino del 900, villa Toeplitz a sant’Ambrogio. Ci sarebbero poi i sette nanetti dei “giardini”del presente, ma questi ci sono in tutta Italia, come i leoni grossi come topi piazzati sui piloni dei cancelli delle ville del geometro. Tralasciamo?

La necessità di offrire visite guidate è evidente, da gente laureata in lettere ed arti e che conosca storia e botanica. O agronomi che sappiano di giardini, di archittettura degli stessi, di simbologia. Certamente non c’è da sperare in carovane di turisti, come non è accaduto neppure per Villa Panza, tuttavia…

Si porta ad esempio Mantova, per il libro; Stresa per la musica. La città giardino potrebbe fare un pensiero al verde, ai giardini, alla loro storia, alla loro architettura, al loro futuro, pensando però in grande e non alla sagra di paese. A Varese intorno al dottor Zanzi ed al prof. Paolo Cottini, esistono enormi potenzialità, per esempio. Già Pallanza ha tentato qualcosa, vogliamo perdere anche questa bicicletta?

Roberto Gervasini

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