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I giudizi della stampa francese

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1 Settembre 2006

Egregio Direttore,
non ce ne siamo neanche accorti, intenti come siamo ad auto-denigrarci.
Eppure siamo riusciti in una operazione che sembrava impossibile, quella di incrinare lo sciovinismo francese e farci finalmente apprezzare per la nostra serietà.
Alain Minc, presidente del consiglio di sorveglianza di “Le Monde”, così ha scritto il 26 agosto scorso sul suo quotidiano in un articolo dal titolo significativo: Viva l’Italia, Signore!
“…Abituati a guardare al di là delle Alpi con condiscendenza e disprezzo, come ammireremo noi un presidente del consiglio che giudicavamo incolore, poco eloquente, scialbo, sinceramente modesto? Come potremo noi ammettere che Romano Prodi incarna, con il suo aspetto da piccolo borghese di provincia, il coraggio politico? Coraggio di ricordare che il buon governo comincia dalla riduzione del deficit pubblico. Coraggio di dichiararsi visceralmente europeo nel momento in cui l’Europa ha cattiva stampa. Coraggio di confrontarsi in modo realistico con l’immigrazione. Coraggio di applicare con forza alle professioni protette – tassisti, avvocati, assicuratori, farmacisti – i rimedi previsti anche in Francia già nel 1958 e mai messi in pratica da noi. Coraggio, da parte di un governo di centro-sinistra, di proclamare la sua fede nel libero gioco della concorrenza in nome del bene dei consumatori. Coraggio infine, senza prendere l’atteggiamento di grande potenza, di sottrarsi alla lobby dei generali, alla sindrome della guerra a zero morti e di portare alta in Libano la bandiera dell’Europa che la Francia, dopo aver fatto giravolte diplomatiche ha, per pusillanimità o sconsideratezza, lasciato cadere. La sinistra francese può andare a imparare a Roma il realismo e il buon senso economico; la destra può scoprirvi i principi di una politica d’immigrazione ragionevole; e la nostra diplomazia può convincersi che la mancanza di pretese e la capacità di agire danno al mondo una migliore immagine di un paese rispetto alle parole vuote, la boria inutile e – alla fine – la debolezza del carattere .”
Erano anni che non leggevamo con piacere, sulla stampa estera, parole di apprezzamento come queste.
E ne andiamo orgogliosi, dopo tanto vergognarci.

Angelo Bruno Protasoni

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