Padre Gianni: «Non è una guerra tra religioni»

Padre Gianni, missionario da 20 anni nel mondo arabo, guida oggi i Comboniani di Venegono, presenti anche in Egitto

«Nel mondo arabo le vignette non le ha viste nessuno. Tutto è mossa da un passaparola creato da pochi». Padre Gianni guida da due anni i Comboniani di Venegono Superiore e coordina missionari che attualmente sono in Sudan e anche in Egitto, dove nei giorni scorsi ci sono state alcune rivolte da parte di islamici contro le discusse vignette. In Egitto vi sono attualmente una quarantina di missionari comboniani: «Stanno tutti bene, non abbiamo avuto alcun tipo di problema, non corrono nessun pericolo. Ma la situazione è difficile – spiega Padre Gianni, 59 anni, di cui 20 passati come missionario nel mondo arabo -. Il clima è teso, ma la responsabilità è di quella parte estremista che rappresenta solo il venti per cento della popolazione. Queste persone, poi, sono guidate da un manipolo di facinorosi che ha generato un passaparola d’odio contro il mondo occidentale. Nessuno ha mai visto effettivamente quelle vignette».

Secondo Padre Gianni, che si definisce un buon conoscitore dell’Islam, «questa religione va rispettata come tutte le altre religioni, ma lo scontro tra la nostra cultura e la loro non è a livello religioso. Chi muove e fomenta queste masse alle rivolte, lo fa soprattutto come ricatto verso gli stessi paesi islamici più moderati: è come se la parte fondamentalista dicesse loro “attento, se non fai come diciamo noi guarda cosa siamo in grado di fare”».
«È tutto un palcoscenico, il vero imperialismo è islamico ed è guidato da chi non vuole dialogare ed ha altri interessi, da chi cerca di attuare un espansionismo economico muovendo le masse – prosegue Padre Gianni -. Il mondo occidentale infatti è un terreno fertile per il mondo arabo ricco. Lo stesso mondo che sfrutta le masse che soffrono di ignoranza. La mia paura adesso non sono i paesi del terzo mondo, ma l’Europa che si sta adattando a questo modo di pensare, rinunciando alla propria identità. Si può attuare il dialogo anche senza rinunciare alle proprie radici. È quello che cerchiamo di fare con le nostre missioni».

E in questo clima il vostro ruolo come cambia? «Il nostro obiettivo è creare un dialogo, ma possiamo farlo solo combattendo l’ignoranza. Per questo siamo presenti nelle scuole, portiamo l’istruzione, e invitiamo allo scambio di opinioni, sempre. Con il mondo islamico con cui abbiamo creato un rapporto, che è l’80 per cento della popolazione, c’è rispetto reciproco, anche dal punto di vista religioso. Ma ci vorranno anni perché si vedano dei risultati.
Ci vorrebbe un impegno più profondo, anche da parte dei politici».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Febbraio 2006
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