Di Matteo: “Pene troppo lievi per i reati dei mafiosi”

Il magistrato del pool di Palermo ospite ad un convegno a Varese attacca la politica accusata di non voler inasprire le pene per i reati che costituiscono il "metodo mafioso" e il voto di scambio tra politici e mafiosi

«I magistrati non esercitano un potere ma servono una collettività e i cittadini devono pretendere la verità perchè è un loro diritto sacrosanto così come quello di conoscere e criticare. A far vincere il metodo mafioso è l’indifferenza». Con queste parole il magistrato Antonino Di Matteo, del pool di Palermo che sta sostenendo l’accusa nel processo sulla trattativa tra lo Stato e la mafia, si è rivolto oggi (sabato) alla platea di studenti, professori e cittadini che hanno affollato il teatro Apollonio di Varese per l’evento organizzato da Libera, Antimafia 2000, Agende Rosse di Varese che ha visto protagonisti sul palco alcuni dei rappresentanti più importanti della cultura della legalità in Italia. Ospite d’onore il magistrato palermitano costretto a vivere sotto scorta come i suoi colleghi e ancora oggi minacciato di morte dal boss Totò Riina in carcere. 

Con lui c’erano nomi del calibro di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo e fondatore del movimento delle Agende Rosse, l’attore Giulio Cavalli, anche lui sotto scorta per i suoi spettacoli contro la ‘ndrangheta in Lombardia, il sostituto procuratore di Monza Salvatore Bellomo, la collega milanese Anna Maria Fiorillo, che si occupò del caso Ruby, Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo (direttore e vice del portale Antimafia 2000), il giornalista Lorenzo Frigerio di Libera Informazione. 

L’intervento di Di Matteo è stato il più applaudito dal pubblico soprattutto per i temi toccati. Il magistrato palermitano è noto per essere molto diretto nell’esposizione del suo punto di vista e anche in questa occasione non ha risparmiato le sue critiche ai governi che si sono susseguiti da Berlusconi in poi: «I reati attraverso i quali si esercita il condizionamento mafioso come la corruzione, la turbativa d’asta, il riciclaggio, gli abusi d’ufficio nel nostro paese sono sostanzialmente impuniti – spiega e lo dimostra coi dati – su 65 mila carcerati solo 8 stanno scontando una pena definitiva per corruzione. Questo non solo perchè si tratta di reati difficili dal dimostrare ma anche per le pene che sono del tutto inadeguate».

C’è la politica che si accorda con la mafia nel mirino del pm che prosegue: «Perchè per i politici che si accordano con i mafiosi per farsi eleggere ci sono pene più lievi che per un vecchio 90enne affiliato alla mafia ma che, magari, non commette reati gravi. Anche la nuova legge sul voto di scambio politico-mafioso c’è un problema di applicazione visto che da quando è stata approvata contiamo un solo caso in cui è stata applicata». Infine l’attacco più duro a chi sta governando in questo momento: «Abbiamo le motivazioni di una sentenza definitiva nella quale c’è scritto chiaro che Berlusconi e la mafia hanno stretto un patto nel 1974 e che i suoi effetti sono andati avanti fino al 1992 – sostiene Di Matteo che chiude – eppure Berlusconi sta contribuendo alla riforma della Costituzione, sulla quale ha giurato Paolo Borsellino. Spesso si sente parlare di giudici politicizzati e io non nego che esistano ma non credo di farne parte perchè le toghe politicizzate lo fanno per avere in cambio un avanzamento di carriera». 

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Pubblicato il 04 Ottobre 2014
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