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Il fondamentale contributo di Mao al pensiero comunista

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27 Dicembre 2016

Quest’anno è ricorso il quarantesimo anniversario della morte di Mao Zedong, noto alla mia generazione come Mao Tse-tung. Il silenzio assordante osservato su questo anniversario non solo dai ‘mass media’ borghesi, ma anche dalle stesse organizzazioni della sinistra comunista è stato una norma di condotta che non ha registrato eccezioni. Sennonché, tralasciando i primi che, in quanto ‘armi di distrazione di massa’, si limitano a fare il loro mestiere, sarebbe invece opportuno interrogarsi sul comportamento delle seconde per capire le ragioni della debolezza manifestata dalla cultura politica italiana (e dalla cultura ‘tout court’) nei confronti dell’esponente di una delle maggiori esperienze, sia politiche che filosofiche, del Novecento. In effetti, nonostante per alcuni versi la Cina sia ormai così vicina all’Italia da poter essere considerata una delle componenti più rilevanti dell’economia del nostro paese, per altri versi, come dimostra la debolezza or ora menzionata, la Cina resta lontana.

Eppure, è difficile negare che se il pensiero di Mao non ha influito a sufficienza sulla cultura politica del nostro paese e non è stato a sufficienza assimilato e discusso dal fragile marxismo italiano, ciò si è risolto in un danno per quest’ultimo. È infatti sorprendente che le pagine, pur verbalmente celebrate, del magistrale saggio di Mao “Sulla contraddizione” non abbiano trovato l’attenzione e l’approfondimento che  ancor oggi esse attendono. Gli stessi comunisti di orientamento marxista avrebbero tutto l’interesse a condurre un’analisi delle classi della società italiana che fosse altrettanto rigorosa e perspicua quanto l’“Analisi” che, esattamente novant’anni fa, fece Mao. Né serve come alibi, essendo un simile postulato del tutto falso, affermare, come spesso si sente dire da parte dei sociologi, che la nostra società è più complessa ed articolata, poiché chi reitera questo ‘mantra’ adopera in realtà la complessità, cui si appella, non come un concetto teorico ma come una strategia politica, e quindi mente sapendo di mentire. Allora, siccome le opere complete di Mao sono oggi disponibili grazie alle Edizioni Rapporti Sociali di Milano che le hanno pubblicate in 25 volumi, l’invito che va fatto a chi si interessa di argomenti come la leniniana dittatura del proletariato e la gramsciana egemonia, è quello, tanto per cominciare, di leggere l’intervento del 1948 “Sulle questioni della borghesia nazionale e dei notabili illuminati”, nonché il fondamentale testo del 1949 “Sulla dittatura democratica del popolo”.

Per finire, mi sembra giusto ricordare che Mao non è stato solo un grande rivoluzionario e un notevole pensatore, ma anche un raffinato poeta. Che questa sua qualità emerga anche dalla sua prosa filosofica è un’altra sorprendente scoperta che riserva, per l’appunto, il suo saggio filosofico “Sulla contraddizione”. La lettura di questo passo conferma tale scoperta (lo scrivente si è limitato ad inserire gli ‘a capo’): «La nostra pratica dimostra / che le cose percepite / non possono essere immediatamente comprese / e che soltanto le cose comprese / possono essere / ancor più profondamente / percepite». Stavo rileggendo questo saggio, scritto ovviamente in prosa, e l’attenzione si è soffermata su queste righe, che mi sono sembrate non solo vere, ma anche impressionanti e solenni. Da qui è partita l’idea di proporne una rilettura che ponesse in evidenza la forma di quel contenuto. Che altro dire se non che il contributo di Mao al pensiero comunista è fondamentale e che, in quanto marxisti, non possiamo non dirci maoisti?

Eros Barone

Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da lucky

    Un grande del passato ha scritto: “chi non è comunista a vent’anni è senza cuore… chi lo è ancora a quaranta è senza cervello!”; cosa ne pensa il sig. Barone che, come traspare dai suoi scritti, ci crede ancora onestamente? Come si spiega che, a così pochi decenni dalla morte di Mao (dell’operato del quale si leggono anche cose molto negative), la Cina si è trasformata in un Paese col sistema economico che somiglia al peggiore capitalismo? Son convinto che in molte società i progressi costano in termini di libertà e giustizia; ma allora perché no Franco e Pinochet?

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