Il potente messaggio della “Storia della Colonna Infame”
26 Gennaio 2012
Egregio direttore,
Desidero ringraziare Roberto Caielli per le sue cortesi e misurate parole, e ancor di più per l’importante contributo di riflessione storica e morale che ci ha offerto evocando la ‘caccia agli untori’ scatenata a Milano in occasione della peste del 1630 e collegando la mirabile ricostruzione di questo evento, compiuta dal Gran Lombardo, alla tematica della persecuzione e dello sterminio che è al centro della “Giornata della Memoria”. Sono convinto anch’io che la “Storia della Colonna Infame” sia, fra quelle minori, l’opera più notevole che abbia composto Alessandro Manzoni, e di ciò era convinto anche il maggiore saggista italiano della seconda metà del Novecento, Franco Fortini, il quale, intuendone le scottanti implicazioni e la contundente attualità, a questo saggio manzoniano dedicò una grande attenzione.
La singolarità dell’impostazione che contraddistingue la “Storia della Colonna Infame” e che ne fa, oltre ad un vivido saggio storico, un esempio magistrale di quella ‘scienza dell’uomo’ che Manzoni aveva appreso dalle sue frequentazioni dei moralisti francesi, nasce dalla sintesi fra il cristianesimo di stampo giansenista e l’illuminismo di taglio volterriano. L’impressione che si riceve leggendo questo libro è proprio quella di trovarci, di fatto, a tu per tu con il fantasma di quel Voltaire che non solo era stato il dèmone ispiratore di non pochi passi delle opere manzoniane, ma anche il vendicatore delle ingiustizie e il promotore della revisione di diversi processi, fra i quali il più noto fu l’‘affaire Calas’. Mai come in queste pagine il creatore del personaggio di fra Cristoforo, nonostante fossero passati duecento anni da quegli eventi, ci appare così turbato e indignato dallo spettacolo di inettitudine morale e di follia criminale che dettero di sé quei giudici che, agendo sotto il condizionamento di una psicosi collettiva, si ridussero a strumento di un cieco furore vendicativo e arrivarono a far erigere una colonna a perenne infamia dei cosiddetti “untori” là dove questi infelici erano stati giustiziati. Perciò, appare non solo del tutto pertinente, ma anche arricchente e illuminante rispetto alla riflessione sul significato e sul valore della “Giornata della Memoria”, cioè sulla “barbarie che ritorna” e sulla lotta instancabile che occorre per farvi fronte, il passo che di séguito trascrivo: uno dei passi più vibranti di spirito illuministico e, insieme, di ‘pietas’ cristiana che siano mai usciti dalla penna del Manzoni.
«Se in un complesso di fatti atroci dell’uomo contro l’uomo, crediam di vedere un effetto de’ tempi e delle circostanze, proviamo, insieme con l’orrore e con la compassion medesima, uno scoraggiamento, una specie di disperazione. Ci par di vedere la natura umana spinta invincibilmente al male da cagioni indipendenti dal suo arbitrio, e come legata in un sogno perverso e affannoso, da cui non ha mezzo di riscotersi, di cui non può nemmeno accorgersi. Ci pare irragionevole l’indegnazione che nasce in noi spontanea contro gli autori di que’ fatti, e che pur nello stesso tempo ci par nobile e santa: rimane l’orrore, e scompare la colpa; e, cercando un colpevole contro cui sdegnarsi a ragione, il pensiero si trova con raccapriccio condotto a esitare tra due bestemmie, che son due deliri: negar la Provvidenza, o accusarla.»
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