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Il Pronto Soccorso e il modello “Lombardia” dell’attesa infinita

Ospedale varese pronto soccorso ospedale di circolo
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23 Ottobre 2021

Buongiorno,

vi scrivo questa lettera per informarvi di due situazioni altamente incresciose a me capitate di recente e riguardanti il nostro sistema sanitario. Sono due eventi distinti, ma accomunati dalla stessa, totale e disarmante inefficienza, che va oltre l’accettabile, considerando che noi cittadini paghiamo, e tanto, per questi servizi con le nostre tasse. Ovviamente non servirà a nulla, ma se fossi in voi e se voleste davvero mettervi al servizio dei cittadini, vi raccomanderei ogni tanto di recarvi, telecamere alla mano, presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Circolo di Varese.

Una doverosa premessa, il mio sfogo non è diretto, in alcun modo, verso il personale sanitario, verso cui nutro grande stima e riconoscenza, MA verso chi è preposto all’organizzazione di detto personale.

Andiamo ai fatti.

Primo caso, pronto soccorso dell’Ospedale pediatrico Filippo del Ponte di Varese. Sabato sera 16 ottobre 2021, verso le 21, ci dirigiamo al pronto soccorso pediatrico. La nostra bimba di 3 anni e mezzo manifesta una forte tosse, specialmente durante il sonno. Già in passato aveva avuto episodi di broncospasmo, risolti con una terapia cortisonica via aerosol. A scanso di equivoci sia io che mia moglie avevamo già eseguito il test rapido per il Covid19. All’ingresso alla bimba viene effettuato il tampone. Come accade quasi sempre, da quando abbiamo messo piede in pronto soccorso la tosse è magicamente cessata. Dopo una mezz’oretta viene effettuata la visita di accettazione, e alla bimba viene dato un codice bianco. Da allora passano altre 2 ore, senza che nessuno ci chiami. Dopo la mezzanotte ormai la bambina era allo stremo, e, vista la totale assenza di indicazioni, decidiamo di andarcene, chiedendo le dimissioni. Nei giorni successivi chiamo il pronto soccorso per avere, almeno, il codice per ottenere online l’esito del tampone. Mi viene detto che, siccome la bambina non è stata dimessa tramite la normale procedura, il tampone NON è stato processato. Ora, mi domando, siamo ancora in stato d’emergenza causa pandemia di Covid19, si presenta una bambina che manifesta, come sintomi, tosse forte, le viene fatto un tampone che nessuno si cura di analizzare. Se fosse stata positiva avrebbe ovviamente contagiato tutti gli altri bimbi, e relativi genitori, presenti nella piccola sala d’aspetto comune. Non credo serva aggiungere altro, se non forse sottolineare come, per la stessa ammissione di un personale OSS, quella sera nel pronto soccorso pediatrico della città di Varese era presente UN SOLO MEDICO. Anche qui non credo serva aggiungere altro.

Secondo caso, pronto soccorso dell’Ospedale di Circolo di Varese. La sera del 21 ottobre mia moglie era caduta, facendosi male a un piede. Il dolore durante la notte non era diminuito, nonostante gli antidolorifici, e la mattina il piede era parecchio gonfio. Dopo aver portato la bimba all’asilo, decide di recarsi al pronto soccorso di Varese. Arriva verso le 10. Controllo online la situazione dei tempi di attesa (http://89.96.180.175/psattesa/circolo.aspx), memore di intere giornate (e nottate) trascorse al pronto soccorso con i miei genitori, per problematiche potenzialmente molto più serie peraltro. Sono presenti 7 pazienti in codice verde in attesa di visita per l’area traumatologica, più 1 paziente in codice bianco (che credo verrà ritrovato mummificato dagli archeologici dei secoli a venire, e magari questa mia servirà a svelare il mistero di un novello Tutankhamon del XXI secolo). Dopo circa un’ora di fila all’accettazione (in piedi…) finalmente alle 11 inoltrate… inizia l’attesa! Il numero di pazienti in attesa di visita è sempre costante a 7, a cui si aggiungono prima uno, poi un secondo codice giallo. Ma il totale, tra codici bianche, verdi e gialli, resta sempre costante. Arriviamo alle 13, e la situazione non cambia. Alle 13.50, incredibilmente, qualcosa si muove, e i pazienti in attesa iniziano a essere chiamati, ovviamente, e giustamente, a cominciare dai codici gialli. La mia supposizione, incredibile se non fosse supportata dai fatti, è che dalle 9.30 alle 13.50 semplicemente NON fosse presente alcun medico ortopedista per le visite nel pronto soccorso della città di Varese. Al momento in cui scrivo (le 15) mia moglie è finalmente entrata, e in attesa (…) di RX.

Questo è quanto, queste sono le situazioni che ci tenevo a rendere pubbliche, per far capire il livello del nostro sistema sanitario, l’eccellenza del “modello Lombardia”… A che serve avere personale altamente specializzato e professionale come i nostri medici e operatori sanitari se poi l’organico è assurdamente sottodimensionato? Questo problema, emerso prepotentemente durante il periodo di picco della pandemia, è sempre stato trascurato da chi di dovere, e noi cittadini ne paghiamo il fio. Poi qualcuno si stupisce delle percentuali di assenteismo alle recenti elezioni? Io avrei solo una banalissima domanda: dove finiscono i soldi delle nostre tasse, se questo è il livello dei servizi offerto nella “efficientissima” Lombardia?

Per finire, raccomando a chi, per sua sfortuna, debba usufruire dei pronto soccorso della città di Varese, di attrezzarsi con tenda, materassino da campeggio, sacco e pelo e fornello da campo, oltre a ingenti scorte di acqua e cibo. E tanta, tanta, tanta pazienza, mista ad altrettanta rassegnazione. E raccomando a chi ha il diritto e il dovere di informare i cittadini, di fare ogni tanto un giro nei vari pronto soccorso, sempre telecamere alla mano. Sono convinto che casi come quelli descritti, in presenza di telecamere, verrebbero prontamente, e magicamente risolti…

Paolo Russo


Di seguito pubblichiamo la replica articolata dei professori Massimo Agosti e Walter Ageno, alla guida rispettivamente dei servizi pediatrici dell’ASST Sette Laghi, tra cui il Pronto Soccorso pediatrico dell’ospedale Del Ponte il primo, e del Pronto Soccorso dell’ospedale di Circolo il secondo.

Entrambi rispondono alla lettera pubblicata da Varesenews.
“Circa l’accesso al Pronto Soccorso Pediatrico a cui si fa riferimento nella lettera, confermo che il codice colore assegnato in triage per la sintomatologia segnalata e dopo la valutazione oggettiva da parte dell’infermiere di triage era bianco, in quanto vi era una sintomatologia ad insorgenza non acuta e con parametri e funzioni vitali nella norma, pertanto con un tempo di attesa previsto di 240 minuti – ricostruisce Agosti – Quella sera in Pronto soccorso pediatrico infatti c’era, come spesso accade essendo la postazione pediatrica di riferimento per l’emergenza-urgenza, molta affluenza di pazienti già valutati e in attesa di esami eseguiti, e di pazienti ancora da visitare, pertanto in fase di triage. Per ottimizzare i tempi l’infermiere ha proposto alla madre l’esecuzione del tampone per Covid-19 alla piccola, spiegando però che l’etichettatura del campione (necessaria per l’invio in laboratorio) sarebbe stata eseguita dal medico solo dopo visita e compilazione della scheda per la notifica di casi di virus respiratori. La madre ha acconsentito.
I genitori hanno richiesto di allontanarsi prima di eseguire la visita medica, pertanto il percorso della piccola si è fermato in fase di triage e il campione prelevato non è stato inviato, così come precedentemente spiegato alla madre.
Ricordo che il Pronto Soccorso Pediatrico è una postazione sanitaria adibita alla presa in carico e gestione di problematiche pediatriche di urgenza-emergenza, per i pazienti con lesioni ad insorgenza acuta o a rapido rischio evolutivo.
Al Del Ponte – tiene a sottolineare Agosti – vengono comunque presi in carico e visitati tutti i pazienti che lo richiedono (non viene mai rifiutato nessuno e per nessuna problematica), nel rispetto del codice colore assegnato, proprio per permettere di assistere coerentemente i piccoli con compromissione delle funzioni vitali e quindi più bisognosi di cure immediate”.
“Le attese nei PS sono purtroppo comuni a tutti gli ospedali e si acuiscono in quelli di maggiori dimensioni come il nostro – aggiunge Ageno – che ricevono pazienti anche da province limitrofe facendosi carico di emergenze ed urgenze di una popolazione molto numerosa. Tutti vorremmo evitarlo, ma proprio per fare fronte ad accessi così numerosi tutti i giorni, e soprattutto alle necessità di tanti pazienti critici, chi si presenta per condizioni non urgenti deve sapere che potrebbe capitargli di dover attendere.
Per quanto riguarda il caso descritto nella lettera, poi, le ragioni dell’attesa sono diverse – continua Ageno – Ad esempio, a causa della pandemia esiste un doppio triage per garantire la sicurezza degli accessi dei pazienti prima dell’arrivo in sala d’attesa (per capire a quale sala d’attesa destinarli). Questo può rallentare l’ingresso dei casi non urgenti, come quello della moglie di chi scrive, mentre i casi urgenti hanno ovviamente un accesso più rapido.
Da un punto di vista organizzativo, poi, gli accessi alle sale sono regolati dai codici colore che determinano le priorità in base alle urgenze delle visite. Se il totale dei pazienti in carico è rimasto costante nel corso della mattina, come scrive il lettore, non significa che il medico non stesse lavorando, altrimenti possiamo garantire che il numero di pazienti in attesa sarebbe triplicato in poco tempo. In questi casi, quello che succede è che arrivano codici più alti che hanno la precedenza e che oltretutto richiedono più tempo per la gestione, allungando le attese dei casi non urgenti. Come detto, i casi urgenti utilizzano un altro accesso e i pazienti in sala di attesa non li vedono.
Il medico in sala, poi, è un medico di PS e non un ortopedico ed è sempre stato presente quella mattina (così come è presente 24 ore su 24) lavorando incessantemente per visitare gli accessi secondo le urgenze. L’ortopedico è uno specialista che, come tutti gli altri specialisti dell’ospedale, viene chiamato in consulenza solo se questo è ritenuto necessario dal medico di Pronto Soccorso. Si consideri, del resto, che l’ospedale di Circolo è sede anche di in centro traumi ad alta specializzazione, quindi tutte le figure necessarie per gestire i traumi più complessi sono presenti h24.
Suggerirei infine – conclude Ageno – di evitare di invitare le persone ad entrare con le telecamere alla mano violando la privacy di tanti pazienti in attesa: non solo perché sarebbe un reato, ma anche perché documentare ciò che non si capisce non aiuta nessuno”.

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