Quei 14 minuti

25 Marzo 2025
14 minuti. Anche oggi.
Il teatrino a cui ormai gli spettatori tristi non reagiscono neanche più.
La modalità è subdola come sempre: lasciare passare il 5.52 lasciandoti crogiolare nel tuo stupido ottimismo, che “oggi forse andrà bene”, per poi sbatterti in faccia il quotidiano ritardo. Quel ritardo che ti farà iniziare male la giornata. Anche oggi
Quel ritardo che sommato ai ritardi piccoli o grandi di tutti i giorni ti ruba qualcosa. Ad alcuni ruba permessi, ad altri ammonizioni. Ad altri la serenità.
14 minuti. Oggi il mio treno si è preso un po’ del mio tempo, ma in realtà è un furto bello e buono.
In 14 minuti potrei:
– Svegliarmi per davvero, invece di rimanere intrappolata nell’attesa.
– Fare una telefonata a chi mi manca, ma chi ha voglia di parlare mentre il tempo scorre?
– Preparare un piano B per la giornata, ma chi ha voglia di pianificare quando siamo sempre in attesa?
– Rimettere in ordine i pensieri, ma il ritardo li scombina tutti.
E invece? Invece, ci ritroviamo a contare i minuti e a ingoiare la frustrazione.
Questi 14 minuti rubati non sono solo un ritardo: sono un insulto. Un insulto a chi lavora, a chi ha impegni, a chi cerca di vivere una vita normale.
Ogni giorno è un’altra dose di ansia e impotenza, mentre ci dicono che “è normale” o “ci sono stati problemi” (questa è stata la giustificazione del capotreno stamattina).
Ma non è normale.
14 minuti. Sono miei. Non di Trenord.
Cordialmente,
Barbara Pozzi
Pendolare Trenord
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