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Referendum Costituzionale: le ragioni del mio NO

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Referendum Costituzionale: le ragioni del mio NO
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28 Novembre 2016

Egregio Direttore,
All’approssimarsi ormai della scadenza del referendum costituzionale, vorrei esprimere le ragioni del mio no convinto.
Premesso innanzitutto che certamente in Italia urgono riforme, e questo credo nessuno lo discuta, ma riiforme che aprano spazi di democrazia, mettendo i politici di fronte ai loro doveri ed alle loro responsabilità, nonchè che diano un organizzazione istituzionale più coerente con la realtà storica italiana, mentre invece mi sembra che nel caso della riforma proposta si vada esattamente e volutamente nella direzione opposta…
Tanto per cominciare ad esempio a me piacerebbe l’elezione diretta da parte dei cittadini del Presidente della Repubblica, il quale, anche nell’attuale assetto parlamentare, ha comunque importanti compiti di garante della Costituzione e supervisore delle istituzioni parlamentari, ed invece anche in caso di approvazione delle modifiche costituzionali, il controllore continuerà ad essere eletto dai “controllati”…
Stesso discorso in un certo senso vale per il permanere dell’insulso divieto di referendum in materia di trattati e politica internazionale (oltre che in materia di fisco e tributi). Perchè invece in altri paesi i cittadini possono esprimersi sulle grandi scelte di politica estera ed europea, mentre a noi spetta sempre il “pacco” sorpresa confezionato e pronto?
Per ciò che attiene invece il nuovo Senato, con conseguente presunto superamento del bicameralismo perfetto, anche qui ci sarebbe molto da dire. Infatti, a fronte della trasformazione del Senato in una specie di camera delle regioni e comuni, la cui composizione non sarà più frutto dell’elezione diretta da parte dei cittadini, ma dipenderà sostanzialmente dagli esiti delle elezioni regionali, cioè una sorta di Bundesrat tedesco, assistiamo invece ad una netta reazione centralista, cioè una evidente perdita di competenze e risorse da parte degli enti locali, regioni in testa, a favore dello Stato centrale. Il tutto guarda caso dopo una serie di campagne mediatiche e di inchieste quasi mirate, tese a screditare tali enti (ricordiamoci però come si è conclusa la storia delle “mutande verdi” in Piemonte, uno dei grimaldelli usati per far saltare l’amministrazione Cota).
Senza infatti negare le pecche della pubblica amministrazione, non mi sembra però che le amministrazioni centrali siano meglio di quelle locali, ed inoltre il mantenere competenze e risorse agli enti locali, non solo serve ad avvicinare le istituzioni ai cittadini, ed a far da contrappeso al potere centrale, ma mi sembra coerente con la realtà storica italiana, caratterizzata da una pluralità di particolarismi locali. Notare che tra l’altro la privilegiata ed ingiusta realtà delle regioni a statuto speciale non subisce variazioni.
Ed inoltre il Senato, non più eletto direttamente dai cittadini, manterrà comunque poteri paritari alla Camera dei deputati proprio in materia di revisione della Costituzione e trattati europei. Cioè potrebbe accadere che una maggioranza di deputati, eletta dai cittadini sulla base di un chiaro programma, che magari prevede modifiche costituzionali, cioè l’opposto dell’attuale realtà del Governo Renzi, possa essere di fatto ostacolata nel suo operato da un Senato non più direttamente elettivo, ma frutto indiretto delle elezioni regionali…
C’è poi con il discorso della riduzione dei costi della politica, inserito veramente in modo subdolo ed inappropriato nel quesito referendario, dal momento che, per quello che so, non mi sembra che nella Costituzione siano indicati i costi della politica medesimi. Infatti per ridurre tali costi credo che sia sufficiente una legge ordinaria, fermo restando che ritengo sia necessario soprattutto riequilibrare gli oneri in questione. Trovo infatti assurdo che per esempio il sindaco di un paese medio-piccolo, che sostanzialmente viene a trovarsi in prima linea, con tante problematiche sul tavolo, prenda circa 1400 euro al mese, che diventano addirittura la metà se è lavoratore dipendente (visto che in questo paese i penalizzati sarebbero i liberi professionisti…), a fronte degli emolumenti d’oro dei consiglieri regionali, parlamentari, ecc..
Concludendo, voterò no anche perchè questa riforma non serve neanche ad aumentare la capacità “decisionale”, come i fautori sostengono, ma temo serva a “ratificare” quella svendita di sovranità monetaria, economica e politica all’entità chiamata unione europea, che i partiti afferenti rispettivamente alla famiglia del partito popolare europeo ed alla famiglia del partito socialista europeo hanno già compiuto sulla testa di noi cittadini quasi ignari.
L’occasione è gradita per porgere i migliori saluti,
Giuliano Guerrieri

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