Viaggio a Riace, dove il sindaco diceva “Torna che costruiamo lavoro”

21 Giugno 2019
Prendo in prestito una metafora proposta da Vauro, “Riace è un gommone carico di migranti attaccato da una portaerei”, come misura dell’accanimento istituzionale contro i progetti di accoglienza e la persona del sindaco Lucano. Siamo stati il primo gruppo di “turismo responsabile” ospite in due delle case dell’ospitalità diffusa a Riace Superiore, dopo l’affondamento da parte della “portaerei” suddetta.
Abbiamo fatto colazioni, pranzi e cene alla trattoria di Alessio, uno dei riacesi rientrati dall’immigrazione nel paese che 20 anni fa rinasceva grazie ai progetti di recupero e rilancio, con le energie e le speranze portate da gruppi di profughi (all’inizio Kurdi). Alessio era emigrato giovanissimo per fare l’operaio a Torino e Mimmo (anzi Mimì), il suo allenatore di calcio, gli aveva scritto “Torna che qui costruiamo lavoro”.
Tornò, aprì un bar, vide rinascere il paese morente: botteghe che riaprono, paesani emigrati che tornano, giovani migranti che arrivano, case e piazze ripulite e restaurate, gente da tutto il mondo che viene per conoscere Riace “città dell’accoglienza”.
Il processo di accoglienza integrazione e rinascita è stato nei primi anni gestito dall’associazione Città Futura, poi dall’istituzione comunale con lo SPRAR. Da poco è stata costituita la Fondazione “E’ stato il vento” con l’obbiettivo di ripartire, nella misura possibile.
E’ sostenuta, tra gli altri, da padre Alex Zanotelli. Antonio, giovane geometra della Fondazione, ci ha accompagnato per il paese a vedere le botteghe ora chiuse: laboratori artigianali del vetro, carta, legno, ricamo, produzione di cioccolato modicano, dove lavoravano insieme immigrati e riacesi. Quasi un corteo funebre, che ci ha comunicato tristezza e rabbia. I commercianti storici locali sono spauriti. E’ stata colpita un’economia locale circolare che reggeva la rinascita e il ringiovanimento del paese. Chiuso l’asilo multietnico. Svuotate le scuole, riconquistate dopo l’arrivo delle giovani famiglie dal mare e dai barconi. A Riace (che aveva 165 posti SPRAR) sono rimasti solo circa una cinquantina di immigrati ormai stabilizzati : abbiamo incontrato il primo kurdo approdato qui dal mare (“E’ stato il vento”), oggi cittadino italiano con l’accento calabrese; i suoi figli studiano all’Università di Cosenza.
Si calcola che la chiusura forzata dei progetti abbia causato la perdita di oltre un centinaio di posti di lavoro, tra operatori, indigeni e immigrati. In un paese di 2345 abitanti (ISTAT 2017) divisi tra Riace Marina e Riace Superiore. In entrambe le parti sono stati accolti migranti in base a progetti SPRAR e CAS, ma alla Fondazione ci hanno spiegato che solo a Riace Superiore si erano realizzati percorsi di integrazione lavorativa e sociale, mentre le cooperative operanti a Riace Marina (un agglomerato di case nuove) si erano limitate a vitto alloggio e poco più. Alle recenti elezioni comunali, Lucano è stato il primo votato a Riace Superiore, nella lista con Maria Spanò candidata sindaca. Nelle altre due liste c’erano persone che avevano collaborato con Mimmo nei progetti d’accoglienza, ma che ne avevano preso distanza dopo gli attacchi e i procedimenti degli ultimi 2 anni.
Il nuovo sindaco – che non vuole essere etichettato come leghista – aveva promesso in campagna elettorale che la Lega avrebbe portato soldi al Comune. Ha evidentemente raccolto preoccupazioni, invidie, stanchezze, paure… e chissà. Il Ministero ha sospeso nel 2017 e 2018 i fondi SPRAR che avrebbero ripagato la moneta locale con cui si pagavano gli acquisti presso i negozianti e gli stipendi degli operatori. Una recente (folle) ingiunzione ministeriale chiedeva addirittura al Comune la restituzione di fondi mai assegnati.
Laura Bergomi
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