E se il carburante costasse tre euro al litro?

E’ passato quasi un anno da quando nella rubrica è uscito l’articolo “Meditazione estiva sulla crisi petrolifera” che considerava il prezzo del petrolio che aveva superato i 50 dollari. Ora ha superato i 70 dollari. Ciò che allora cercavo di immaginare era un modo di vivere che richiedesse meno energia, pur senza impoverire la qualità della vita, che non ci togliesse cioè quel tanto o poco di diffusa felicità che l’umanità era riuscita a conquistare negli ultimi secoli. Ipotizzavo meno viaggi (tra i meno energeticamente efficienti mezzi di trasporto sono gli aerei, e dopo vengono le automobili) e più comunicazione fra amici, fisicamente per quelli vicini, virtualmente ed elettronicamente per quelli lontani. E così via; certamente il mondo spreca energia e vi sono molti modi per risparmiarla. E perché bisogna risparmiarla? Non tanto perché il barile di petrolio ha superato i 70 dollari, ma perché le attuali fonti di energia si esauriranno, presto o tardi. C’è molto dibattito sui tempi di questo esaurimento, tempi che secondo alcuni possono anche superare il centinaio di anni. La cosa quindi non mi dovrebbe riguardare direttamente. Ma c’è questo strano senso di continuità della nostra umanità, e l’idea di una crisi esistenziale che colpisca i miei nipoti e pronipoti e, anche se non avessi discendenza, che colpisca il genere umano, mi causa dispiacere e, se ben ci penso, anche angoscia.

Ho dunque meditato, e mi sono informato. Si tratta di pensare una società civile senza più petrolio, e allo stesso tempo di favorire le possibilità di sviluppo e di progresso. Bisogna quindi disporre di fonti alternative e rinnovabili di energia, poiché tutto lo sviluppo è basato su impiego di energia. E’ possibile? Sembra di sì. Bisogna distinguere tra cicli energetici aperti e cicli energetici chiusi. Nei primi si consumano risorse; il petrolio (che, come si sa, è limitato) lo si brucia, e non c’è più. Nei cicli energetici chiusi, l’energia si trasforma, si usano fonti rinnovabili, e l’ambiente non viene impoverito. E v’è un altro concetto che bisogna avere presente. Quando si parla di idrogeno quale fonte di energia, dobbiamo invece considerarlo come un vettore, un accumulatore di energia. L’idrogeno libero in natura è molto raro, bisogna produrlo. Oggi lo si produce da idrocarburi, dal metano, quindi da fonti non rinnovabili. Ma v’è una enorme riserva di idrogeno nell’acqua (elemento formato da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno) e si può ricavarne l’idrogeno con l’ausilio di corrente elettrica. Quindi il ciclo chiuso ipotizzabile è: con l’energia elettrica ottengo idrogeno dall’acqua, manipolo l’idrogeno in qualche modo tecnico per poterlo trasportare ed impiegare per generare energia (in un motore termico o in celle a combustibile), e dopo questo processo resta acqua di nuovo disponibile per ricavarne idrogeno con energia elettrica, o per bere, o per innaffiare l’orto. Acqua, elemento prezioso, che anche riusciamo a rendere scarsa. Che dissipatori, siamo!

Già, ma in questo ciclo chiuso, come è prodotta l’elettricità? Oggi il ciclo sarebbe, in gran misura, aperto. Gran parte dell’elettricità è prodotta da centrali termiche, che consumano combustibili fossili. Le fonti rinnovabili sono invece e soprattutto l’acqua dei fiumi (già da molto tempo usata, ma le grandi dighe, si veda l’ultima opera in Cina, fanno temere per l’equilibrio ecologico, ambientale e climatico, eppoi i bacini alla lunga si riempiono di detriti), il vento, l’irraggiamento solare. Queste ultime due consentono una diffusione dei mezzi di generazione di energia in piccoli impianti di buon rendimento da collocare vicino ai luoghi di utilizzazione dell’energia. Sarebbe un processo di democratizzazione dell’energia, che contribuirebbe a diffondere tra tutti gli abitanti del mondo una consapevolezza ambientale e ci affrancherebbe dalla dipendenza energetica..

La tecnologia per questa sorta di rivoluzione energetica è già in gran parte disponibile e funzionante. Vi sono problemi economici, perché questo ciclo è ancora ben più costoso rispetto al petrolio. Perché una diversa consapevolezza si diffonda non basta la buona volontà, ci vuole anche la convenienza economica. Lo confesso in prima persona: infatti non ho installato pannelli solari per riscaldare l’acqua (il modo più elementare di sfruttamento diretto dell’energia solare) perché, nonostante il contributo della Regione, mi costa meno riscaldare l’acqua con il metano.

E se le tasse su benzina e gasolio raddoppiassero, o triplicassero, e lo Stato le utilizzasse per un programma di miglioramento ecologico e di disinquinamento? E così si sarebbe indotti ad usare meno le auto attuali (inquinanti), e le industrie sarebbero incoraggiate a produrre e offrire auto a ciclo combinato (la Prius di Toyota, una spaziosa e veloce berlina, fa cento chilometri con tre litri di benzina), le auto ad idrogeno comincerebbero a circolare e tutta la catena della produzione energetica a ciclo chiuso comincerebbe a trovare applicazione.

Non ho dato una ricetta, suggerendo l’aumento delle tasse sui carburanti, ho solo formulato un’ipotesi che, lungi dal sentirla come una iattura, potrebbe rappresentare una speranza in un contesto di responsabilità e lungimiranza politica. Ma ci saranno altre ricette. Purché ci si ponga il problema.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Giugno 2006
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