Marini accetta l’incarico per tentare un governo “a tema”
Tabacci dell'Udc si smarca da Casini. E Anche la Corte Costituzionale evidenzia gli "aspetti problematici" dell'attuale legge elettorale, su cui si baserebbe il governo del presidente del Senato
Ad un giorno dall’incarico a Franco Marini di formare un nuovo Governo per tentare di arrivare ad approvare la legge elettorale, l’"impegno gravoso" affidato al presidente del Senato non sembra così impossibile da mettere in pratica.
Le motivazioni a questa decisione da parte del presidente della Repubblica Napolitano si sintetizzavano nella ragionevolezza di non eliminare un dialogo sulla riforma elettorale già esistente e che tutti i partiti consiedarno come importante da mettere in atto, che la gravosa decisione di sciogliere le Camere dovrebbe essere l’ultima istanza esperito ogni tentativo, e che in questa scelta non c’è nulla di dilatorio ma solo un tentativo, che può anche non essere portato avanti se non ce n’è la possibilità.
E i primi movimenti della politica fanno pensare che queste motivazioni avevano un fondamento: a dirlo, per esempio, è il colpo di scena della sera del 30 gennaio, che vede Baccini e Tabacci lasciare l’Udc in polemica con la linea Casini. Un segno preciso: di adesione alla discussione sulla “rosa bianca” che ricreerebbe il Grande Centro, ma soprattutto della non indisponibilità a votare le proposte di Marini. Sul fronte dell’opposizione, Casini resta invece – appunto – dell’opinione di Berlusconi: niente governo "a tema" ma elezioni subito, mentre la Lega minaccia di ritirare i parlamentari.
Un altro segnale positivo per l’ipotesi di Governo Marini proviene non dalla politica ma dalla motivazione al sì dei referendum proveniente dalla Corte Costituzionale, che evidenzia come nella legge per cui Marini è stato investito del difficile governo “a termine” ci siano effettivi “aspetti problematici”: in particolare sente il "dovere di segnalare al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi".
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