A Varese campioni di wireless
Luca Spada racconta l'avventura di Eolo che in un anno ha rivoluzionato la connettività e lancia un'accusa alle amministrazioni: "Peccato aver buttato tanti soldi pubblici"
Tutto è partito da Gazzada e dal Campo dei fiori. Un anno fa il varesino Luca Spada e la sua Ngi hanno iniziato a fornire connettività wireless. Una linea diretta da Settimo milanese e da lì una semplice antenna che portava 100Mb in cima alla montagna sopra Varese. Da allora Eolo, il nome del progetto, è cresciuto in modo energico. Copre il 95% del Varesotto e raggiunge gli abitanti di 1400 comuni con un incremento di cento municipi al mese. Ha attive 66 BTS, le antenne che garantiscono la connettività, ed entro la fine dell’anno ne verranno istallate altre 100.
Luca Spada è soddisfatto di questo risultato. «La nostra provincia è quella che ha la copertura wireless migliore in Italia. Restano fuori solo la Valveddasca e alcune zone d’ombra su cui stiamo lavorando».
Qual è l’infrastruttura e quanti clienti avete in provincia?
«Abbiamo installato 30 BTS e gli utenti collegati sono oltre 4mila. Di questi circa tre quarti non potevano avere un Adsl e oggi invece possono navigare tranquillamente con una buona banda larga».
Quali sono i prossimi sviluppi?
«Entro l’anno arriveremo a coprire il territorio cha va da Udine alla Liguria. Stiamo investendo cinque milioni di euro. Da settembre poi Varese sarà la provincia test per un nuovo servizio, primo in Italia, che garantirà una banda larghissima wireless dedicata alle aziende per avere una linea simile alla fibra ottica fino a 10 Gb».
Chi finanzia i vostri progetti?
«I privati. La nostra è un’azienda che non vive di finanziamenti pubblici. Anzi a questo proposito abbiamo un forte rammarico per la montagna di soldi pubblici che sono stati buttati via in questi anni».
Perché buttati via?
«Le amministrazioni che non erano raggiunte dalla banda larga hanno fatto dei bandi di gara per attivare un servizio di connettività wireless simile al nostro. Questi bandi però sono stati sbagliati perché si è confuso il servizio con il prodotto con il risultato che oggi, quando va bene funziona tutto male, in altri casi addirittura non è mai partito niente. L’errore è credere che la connettività sia solo un problema di infrastrutture. Chi fa questo lavoro deve garantire un servizio 365 giorni all’anno, 24 ore su 24 e deve fare assistenza, manutenzione e gestire lo sviluppo. Se crescono gli utenti vanno previste revisioni altrimenti non funziona niente. Tutto questo non è stato previsto e ora se ne vedono i risultati. Noi facciamo business e la nostra società va molto bene e quindi non abbiamo bisogno di soldi pubblici per dare questi servizi».
Come sta andando la diffusione di Internet nel nostro paese?
«La realtà è cambiata radicalmente nell’ultimo anno. C’è stato un boom di connessioni a banda larga tra il 2000 e il 2007. Ora siamo in un mercato maturo e quindi i nuovi clienti su cavo sono molto pochi. I dati che fornisce la Telecom parla di 12 milioni di famiglie connesse. Allo stato attuale ci sono circa tremila comuni senza banda larga che equivalno a 4-5 milioni di famiglie».
Che sviluppi possiamo prevedere per Internet?
«Noi sviluppiamo infrastrutture, altri lavorano alle applicazioni. È chiaro che le due questioni sono legate e oggi si possono fare progetti che fino a poco tempo fa erano impossibili. La tecnologia ha fatto passi avanti da gigante, i problemi adesso sono altri».
Cioè?
«Negli Stati Uniti si parla da tempo dell’open spectrum. Ossia della possibilità di sfruttare liberamente tutto l’etere. Fino a quando la radio trasmissione era analogica lo Stato era il garante delle frequenze. Con l’avvento del digitale questa funzione dovrebbe cessare e invece il Governo, per incassare soldi, si è tenuto questo ruolo e ha liberalizzato solo lo 0,2% delle frequenze comprimendo così la possibilità di sviluppo. Oggi la tecnologia permetterebbe di gestire i dati in modo molto più veloce e pratico, basti pensare al bluetooth e al WiFi. Noi invece per Internet possiamo disporre solo di linee a 2 Mb e questo limita molto perché con una Bts possiamo gestire circa 300 utenti, poi si satura. Questo costringe a infrastrutture molto capillari e costose quando basterebbe poter avere la concessione di utilizzo di una banda maggiore».
Insomma uno degli esempi dei costi della mancata liberalizzazione?
«Si, aggravato dal fatto che si devono fare maggiori investimenti e in più assistere allo sperpero di denaro pubblico di tutti noi contribuenti».
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