Norme antiriciclaggio, più formazione tra i lavoratori
Mario Capocci, coordinatore della Fiba Cisl nazionale, ha pubblicato un libro sulla normativa. «Sono tanti i casi che coinvolgono i bancari. Occorre più formazione vera»
«Sulla mia scrivania ho centinaia di casi di bancari che devono rispondere per non aver applicato le norme antiriciclaggio». È questo il motivo per cui Mario Capocci, coordinatore della Fiba Cisl nazionale, ha deciso di pubblicare un libretto, agile ma esaustivo, dal titolo “La normativa antiriciclaggio e le sue implicazioni sull’attività lavorativa”.
«Con la legge numero 197 del 1991– continua Capocci – il legislatore ha recepito una direttiva europea che non comprende solo la normativa penale contro il riciclaggio di danaro. C’è una serie di norme amministrative per ricostruire l’intera filiera del movimento di danaro. E queste ultime sono norme valide indipendentemente dall’operazione sottostante e che coinvolgono in prima persona il lavoratore».
In pratica accadequesto: se a un bancario viene chiesto dal cliente di fare un’operazione pari o superiore ai quindicimila euro (anche se effettuateacon diverse operazioni però collegate tra loro) e vi è il sospetto di riciclaggio, allora il lavoratore dovrà fare una segnalazione scritta ai vertici della banca. In caso contrario, ne risponde penalmente e civilmente. «Cio’ che si chiede al bancario – spiega Capocci – è di fare una valutazione tra la congruità dell’operazione e gli elementi di contesto, anche se l’operazione appare di per se stessa neutra. In questo modo il lavoratore va incontro a sanzioni gravi che possono arrivare fino al 45% dell’operazione posta in essere. Ci sono già sentenze della Cassazione in proposito».
In Italia la situazione è più complessa rispetto agli altri paesi europei perché è ancora diffusa l’abitudine di fare operazioni in contanti. «Poiché il 19% di tutto il circolante in Europa appartiene all’Italia – conclude il rappresentante della Fiba Cisl – è chiaro che il rischio è molto alto. All’estero operazioni in contanti non se ne fanno più. Questa situazione non riguarda solo i lavoratori del credito, ma anche i professionisti, come notai e commercialisti, e anche quelli delle poste, almeno da quando si sono messi a fare finanza».
Il rischio più alto è per i lavoratori precari che pressati dai budget da realizzare spesso “sacrificano” la formazione. «L’articolo 54 della legge – conclude Capocci – prevede un’adeguata formazione su questi temi. Il problema è che spesso la formazione si fa davanti a un terminale con l’e-learning. Noi come Fiba abbiamo fatto 200 assemblee in tutta Italia per sensibilizzare i lavoratori su questi aspetti che sono fondamentali».
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