La chiesa “scende in campo”: negozi chiusi la domenica

Confesercenti e Cei (Confederazione episcopale italiana) lanciano la campagna di raccolta firme "Liberala domenica" per cambiare la legge sulla liberalizzazione degli orari dei negozi. Monsignor Franco Agnesi: «Questa campagna riguarda la dignità di tutte le persone». A Varese raccolte 110 firme in un'ora

«Ricordati di santificare le feste». Dopo la liberalizzazione definitiva degli orari degli esercizi commerciali, contenuta nel decreto «Salva Italia» del primo gennaio 2012, per i negozianti al dettaglio rispettare il terzo comandamento è diventato quasi impossibile.
Confesercenti e Cei (Confederazione episcopale italiana) su questo tema hanno lanciato la campagna “Liberala domenica”, una raccolta di firme per cambiare la legge sulle liberalizzazioni, che risale al 2006, e riportare la regolamentazione del commercio alle regioni.  Cesare Lorenzini, presidente di Confesercenti, parla di «problema serio». Tanto serio che domenica scorsa sul sagrato della basilica di San Vittore in meno di un’ora sono state raccolte dal vice delegato Alessandro Milani ben 110 firme, tra cui anche quella del sindaco Attilio Fontana. Varese sarà anche una città di bottegai ma, visti i primi risultati della campagna, pur sempre rispettosa delle feste comandate.
«I numeri – spiega Gianni Lucchina, direttore di Confesercenti – ci dicono che la strada della liberalizzazione degli orari domenicali è sbagliata: 85 mila piccole imprese del commercio in Italia sono a rischio chiusura. Insomma, solo la grande distribuzione ne ha tratto vantaggio e senza regole la libertà di concorrenza non tutela la concorrenza stessa».
La legge attuale non obbliga a tenere aperto la domenica, ma i piccoli negozianti hanno dovuto in qualche modo accettare la sfida per rispondere «all’offensiva» della grande distribuzione che però puo’ contare su truppe più consistenti che garantiscono il turn over del personale. Sono le cifre a decretare il fallimento delle aperture domenicali: le vendite del commercio al dettaglio dal 2008 a oggi sono calate dell’8,6%, il Pil (prodotto interno lordo) segna un -2,4% e la disoccupazione è a quota –10,2 %. «Il Germania – aggiunge Lucchina – il Pil cresce del 3% ma la domenica i negozi sono chiusi».
L’Italia, tra i big del vecchio continente, è l’unico Paese ad avere la liberalizzazione totale dell’orario, ovvero 0-24, mentre francesi, belgi, tedeschi, spagnoli e olandesi prevedono la chiusura. La Svezia autorizza l’apertura 5-24 , l’Austria 6-18, mentre l’Inghilterra regolamenta a seconda che l’esercizio commerciale abbia una superficie minore o maggiore di 280 metri quadrati.
Il vicario episcopale monsignor Franco Agnesi, che è abituato a lavorare di domenica, parte dallo slogan della campagna: «Domenica sempre aperto? Ma anche no» e apre una riflessione che va ben oltre la crisi e le difficoltà contingenti. «Questa campagna non ha un carattere confessionale – dice Agnesi – perché riguarda la dignità di tutte le persone e delle sue relazioni: nel tempo della festa si puo’ distendere l’umano e le sue relazioni si manifestano nel segno della gratuità. Il tema del dono e della gratuità, presente nell’enciclica di Papa Benedetto XVI, "Caritas in veritate", non è qualcosa che viene dopo il lavoro ma è dentro l’economia stessa, è un elemento del cambiamento».
L’obiettivo di Confesercenti è raccogliere almeno tremila firme in provincia, coinvolgendo sul territorio le associazioni sindacali e le altre confederazioni del commercio.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 28 Novembre 2012
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