La solidarietà alimentare è come il Duomo, un’opera di popolo

L'associazione Banco di solidarietà alimentare "Nonsolopane" per i suoi vent'anni ha organizzato al ristorante Panorama Golf un incontro con la studiosa Mariella Carlotti: «Come il Duomo ha costruito Milano, così il banco alimentare costruisce chi lo fa»

Economia generiche

Paragonare la solidarietà alimentare al Duomo di Milano non è una forzatura. A maggior ragione se a sostenerlo è la professoressa Mariella Carlotti che nel 2012 curò la mostra “Ad usum fabricae” al meeting per l’Amicizia fra i popoli di Rimini. Per i vent’anni dell’associazione Banco di solidarietà alimentareNonsolopane” di Varese, il responsabile Andrea Benzoni ha invitato la studiosa fiorentina che ha parlato della costruzione della cattedrale meneghina, un’avventura durata ben cinque secoli a cui hanno contribuito milioni di persone con le loro donazioni.

In ordine di tempo, quella milanese, è stata la penultima delle grandi cattedrali europee, l’ultima è la Sagrada Familia di Gaudì, non ancora terminata. «A volerla di marmo è stato nel 1387 il duca Gian Galeazzo Visconti – ha spiegato Carlotti – che aveva qualcosa da farsi perdonare. Ma a differenza del Duomo di Firenze che è solo ricoperto, quello di Milano è interamente costruito in marmo proveniente dalla cava di Candoglia, nel Fondotoce, concessa dal duca alla Fabbrica del Duomo».

Un’intera montagna è stata trasportata nella celebre piazza milanese. I lastroni rosa cavati con grande fatica, uno dopo l’altro, in un’interminabile sciabordare tra laghi, canali e navigli, hanno dato vita a un’opera in stile gotico internazionale con uno spiccato carattere ambrosiano. «Una cattedrale di un popolo di pietra piantato nel cuore di un popolo di carne» ha sottolineato la studiosa fiorentina.
Il Duomo di Milano ha cinquantadue piloni a fascio, tanti quante sono le settimane dell’anno con le statue dei santi che dominano l’interno e l’esterno. «I santi e il tempo che passa inesorabile ci portano verso Cristo – ha spiegato Mariella Carlotti – e su tutto domina la Vergine Maria, la madonnina come la chiamano i milanesi. Per dirla con le parole di Clemente Rèbora: “Il portentoso Duomo di Milano non svetta verso il cielo ma ferma questo in terra in armonia nel gotico bel di Lombardia”».

MA CHI HA COSTRUITO IL DUOMO, I POVERI POPOLANI O LA RICCA NOBILTÀ?

A svelare questo arcano ci ha pensato una bocconiana, Martina Saltamacchia, che oggi insegna storia medioevale all’università del Nebraska negli Usa. Questa brava e curiosa ricercatrice andò a spulciare nei registri del cantiere della Fabbrica del Duomo dove erano annotate meticolosamente tutte le entrate e le uscite, «come solo sanno fare i lombardi».

Tra i donatori erano rappresentate tutte le categorie sociali: poveri, ricchi, nobili e diseredati, commercianti, religiosi, artigiani, artisti, manovali, giovani, vecchi, italiani e stranieri, prostitute sulla via della redenzione e madri di famiglia. La ricercatrice scoprì che a finanziare l’opera furono in gran parte le micro offerte dei poveri. Oltre ai soldi, quando c’erano, donavano anche bottoni, vestiti, polli, conigli, monili, vasellame e oggetti di uso quotidiano che venivano battuti all’asta e monetizzati. Una gigantesca operazione di fundraising che consentì al cantiere di rimanere aperto per tutti quei secoli. «La scoperta di Saltamacchia è stata notevole – ha raccontato la studiosa – perché ha chiarito una volta per tutte che a finanziare le cattedrali europee era il popolo. Il 1400 fu l’anno in cui la donazione dei Visconti toccò il picco massimo, ma era solo il 16 % del totale, il resto, l’84%, erano donazioni popolari di cui più del 60% erano costituite da micro offerte. D’altronde i ricchi non sempre ci sono, mentre i poveri non mancano mai».

Per secoli nel cantiere del Duomo hanno lavorato oltre quattromila persone, per lo più maestranze che venivano dal Nord Europa, soprattutto da BoemiaGermania. Altro che posto fisso, un’economia e una presenza costante che hanno reso il capoluogo lombardo la città internazionale che è oggi, capace di accogliere  e di generare valore a partire proprio dalla condivisione. «Anche l’associazione Banco di solidarietà alimentare “Nonsolopane” costruisce chi lo fa – ha concluso Andrea Benzoni – Assistere quasi 600 famiglie nel bisogno significa stabilire relazioni che vanno ben oltre la consegna di un pacco di generi alimentari. Vuol dire attenzione verso l’altro, colmare il senso di solitudine delle persone, sviluppare amicizia e favorire la partecipazione. È un’opera di tutti che possono fare tutti».

 

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 25 Giugno 2019
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