Le onde del pianeta di Bob Dylan
Curiosità: Forever Young era stata scritta anni prima da Dylan quasi come una ninna nanna per suo figlio Jesse, augurandogli appunto un’eterna giovinezza
Avevamo lasciato Dylan con Nashville Skyline e Pat Garrett, in pieno periodo country, saltando due album che non sono considerati fra i suoi migliori. Bob però non andava in tour da otto anni, ed aveva fatto solo qualche sporadica apparizione come al concerto per il Bangla Desh. Incontrò Robbie Robertson che invece, come abbiamo visto, faceva ottimi concerti ed era reduce da Watkins Glen, dove la sua Band aveva suonato davanti a centinaia di migliaia di persone: cosa che Dylan non aveva mai fatto. E siccome la Band, anche se allora si chiamavano ancora The Hawks, era il gruppo che lo aveva accompagnato nel 1966, decise di ripartire con loro. Sarebbe stato folle però pensare a un tour senza un disco da promuovere, e quindi realizzarono abbastanza in fretta questo Planet Waves, primo suo album per la Geffen. Con queste premesse non c’era da aspettarsi un capolavoro, ma è un buon disco che, cosa strana, gli fruttò per la prima volta il primo posto in classifica americana. Torneremo in autunno sulla tournée perché frutterà uno dei più bei live della storia del rock, ma intanto godetevi questo che – le Basement tapes non erano ancora state pubblicate – inaugura il sound caratteristico del Dylan di quegli anni.
Curiosità: Forever Young era stata scritta anni prima da Dylan quasi come una ninna nanna per suo figlio Jesse, augurandogli appunto un’eterna giovinezza. Il 27 settembre 1997 la eseguì, ovviamente dedicandogliela, a Bologna davanti a Papa Woytjla, che parve gradire. Ratzinger non era d’accordo perché era contrario a “questi profeti”.
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