Patto per l’Italia, la parola ai lavoratori
Attivati dalla Cgil provinciale i banchetti per la raccolta delle firme contro le disposizioni del governo in materia di diritti dei lavoratori
Settantamila firme da qui a ottobre nella provincia di Varese, cinque milioni in tutta la Penisola. Questo l’obbiettivo della campagna lanciata dalla Cgil contro il "Patto per l’Italia".
"Tu togli io firmo, Due no a un lavoro come merce. Due sì a diritti e tutele per tutti". Uno slogan che preannuncia la mobilitazione d’autunno, dopo le prove generali di marzo e aprile. La risposta dei lavoratori in provincia di Varese – fa sapere la segreteria provinciale della Cgil -, è soddisfacente (tenuto conto che non si è ancora attivata la raccolta nelle fabbriche): in tre giorni sono state raccolte circa 5mila firme, frutto dei primi sit-in fatti a Castellanza, Angera, Taino, Sesto Calende e Luino. L’obiettivo, come si diceva in apertura, è raggiungere il 10 per cento della popolazione presente sul territorio.
Il banchetto per la raccolta delle firme, oggi al centro commerciale Le Corti, si sposterà nei punti nevralgici della città. Domenica in centro al mercato bosino, lunedì al mercato, mercoledì e giovedì alle stazioni, Nord e FFSS, e sabato di nuovo al mercato.«La raccolta procede bene – afferma Ivana Brunato, segretario provinciale della Cgil (nella foto) -, buona l’affluenza anche dei giovani. In questo periodo è giusto riportare al centro del dibattito una questione preliminare che è la rappresentanza sindacale e democratica dei lavoratori. Le scelte devono seguire un percorso democratico, e per farlo bisogna chiedere ai lavoratori e ai pensionati cosa pensano a proposito del patto. Non si puo’ eludere questa domanda, visto che riguarda direttamente i loro diritti e le loro esistenze. C’è un principio del consenso che va rispettato. Devono decidere i lavoratori».
La Cgil chiede, dunque, "la verifica" del consenso sulle nuove disposizioni in materia di articolo 18, ammortizzatori sociali, fisco e indirettamente anche sull’unità sindacale. Infatti, il disconoscimento da parte dei lavoratori della "firma disgiunta" del "Patto per l’Italia" avrebbe come effetto immediato la ridistribuzione delle responsabilità per la rottura dell’unità sindacale. Un percorso già sperimentato in piccolo durante il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, che costò il divorzio tra Fiom, Fim e Uilm.
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