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C’era una volta una sala d’attesa nella stazione di Castronno.

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C\'era una volta una sala d\'attesa nella stazione di Castronno.
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17 Febbraio 2018

C’era una volta una sala d’attesa nella stazione di Castronno.
Parlo di tanti anni fa, di quando cominciai a prendere il treno per andare a scuola, a metà degli anni ottanta dello scorso secolo.
A quei tempi la sala, un locale di circa 4 metri per quattro era molto diversa. C’era un pavimento diverso e le pareti erano imbiancate di marrone in basso e di grigio in alto.
Lungo tre dei quattro lati erano disposte delle sedie mentre su quello rimanente si apriva la vetrata della biglietteria dietro la quale, nell’ufficio della stazione, il capostazione regolava il passaggio dei treni.
C’era un tavolo in mezzo alla sala d’attesa. La mattina i giornali venivano consegnati via treno e su quel tavolo c’erano i giornali ed una scatola delle scarpe. Chi voleva il giornale metteva l’importo dovuto nella scatola e lo prendeva da uno dei pacchi.
Appesi alla parete c’erano, come oggi, gli orari dei treni.
D’inverno, la mattina alle sette o giù di li, quando fuori c’erano cinque o sei gradi sotto zero, arrivavi in stazione tutto intirizzito dal freddo ed entravi in sala d’attesa.
In quelle fredde mattine il capostazione, detto il buon Pastore (non sono sicuro dell’origine del soprannome, qualcuno mi dice che fosse il suo cognome), buttava una paletata di carbone nella stufa che stava in un angolo e la accendeva.
Se eri poco più di un bambino, come lo ero io, un ‘Buongiorno’ mezzo sussurrato era d’obbligo e qualche ‘Ciao’ di risposta arrivava. Si, perchè in sala c’erano bene o male sempre le stesse persone e qualcuna la conoscevi, qualcuna conosceva te o i tuoi genitori.

Sono passati tanti anni da allora, la stazione è stata rifatta, i marciapiedi rifatti e il capostazione non c’è più.
E la sala d’attesa? Per motivi di sicurezza, ovvero per impedire a qualche senza tetto di dormire al coperto, è chiusa. Qualche impiegato ha avuto la bella idea di esporre sulla porta gli orari che si trovavano all’interno e di dimenticare la luce accesa ad illuminare una stanza desolatamente vuota.
Peccato. Perchè a Gennaio la mattina alle sette o giù di li, a Castronno, una temperatura di cinque o sei gradi sotto zero c’è ancora e un locale chiuso, anche se non riscaldato, sarebbe un servizio notevole per i pendolari.
Si potrebbe pensare che i capotreni o controllori dell’ultimo treno per Varese passino a chiudere la sala d’attesa, mentre quelli del primo per Milano passino ad aprirla? Magari accompagnati per motivi di sicurezza da un agente della polfer.
Non penso che una tale azione porterebbe a inaccettabili ritardi e si renderebbe di nuovo fruibile ai pendolari un riparo quanto mai utile durante l’inverno.

Vi ringrazio per lo spazio che vorrete dedicarmi.

Rabuffetti Alberto

(Immagine presa alle 06.41 del 15/01/2018. Non c’erano temperature sotto zero, ma quasi)

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