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Hitler, chi era costui?

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15 Dicembre 2013

 Gentile direttore,
lo scorso giovedì, nella trasmissione – quiz di Rai Uno, l’Eredità, i concorrenti non hanno saputo rispondere a una domanda su Hitler, collocando il sanguinario capo nazista chi alla fine degli anni 70, chi in altri decenni, indovinando alla fine quello giusto solo perché non era rimasta altra risposta possibile. La giornalista M. Novella Oppo, di fronte a tanta ignoranza, ha commentato così la notizia sulla sua rubrica:“Se persone che sanno leggere e scrivere credono che Hitler sia vissuto negli anni 50 o addirittura dopo il ’68, forse non sanno neanche chi ha vinto la guerra, non sanno niente dello sterminio degli ebrei e, in generale, del mondo in cui viviamo. Che scuola hanno fatto, che giornali leggono e che tv guardano? Come è possibile che tanti non conoscano il passato?”
E’ vero che quei concorrenti non rappresentano tutta l’Italia; ma è pur vero che essi sono la testimonianza evidente e plastica che qualcosa nel nostro Paese non funziona nella trasmissione della memoria del passato. Di che dobbiamo sorprenderci? “Noi siamo un paese senza memoria”- constatava amaramente P. P. Pasolini – ed aggiungeva,“ Il che equivale a dire senza storia.
L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio televisivo…”.
Viviamo in un’Italia che non ha fatto ancora i conti sino in fondo con il suo passato fascista e con la sua alleanza nazi-fascista. Dove ci sono comuni, come quello di Varese, che si fregiano di aver dato, a suo tempo, la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini e si sono rifiutati nel 2013 di revocarla. Nelle scuole si leggono poco i quotidiani e l’insegnamento della storia fa fatica, salvo lodevoli eccezioni, a superare la fine della Prima Guerra mondiale; e quando gli insegnanti riescono a trattare le tematiche relative al fascismo e al nazismo, lo fanno naturalmente, salvo eccezioni, spesso verbalmente, frettolosamente, negli ultimi giorni di scuola utili, senza il supporto di sussidi didattici multimediali né filmati storici e non utilizzando la presenza preziosa dei pochi testimoni sopravvissuti alla tragedia.
La stessa Giornata della memoria, che dovrebbe essere una commemorazione fortemente sentita dalle Istituzioni e soprattutto da tutte le scuole e da tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado, spesso si riduce, lì dove viene organizzata, ad una cerimonia rituale e formale e senza quel pathos necessario a contribuire ad alimentare la memoria dello sterminio di milioni di uomini. Se poi aggiungiamo la polemica portata avanti in maniera indisturbata dai negazionisti storici si può capire come sulle tematiche relative al nazismo e al fascismo sia caduto l’oblio. Che fare?
Innanzitutto è necessario comprendere che la mancanza di memoria degli Italiani non è qualcosa di eccezionale, relativa al solo momento storico che stiamo vivendo, certo in questa “smemoratezza” un ruolo lo ha avuto anche chi in questo ventennio ci ha governato; ma per la verità siamo in presenza di qualcosa di più profondo che affonda le sue radici nella storia del nostro Paese.
Una buona parte degli italiani è sempre stata incline al qualunquismo (“Francia o Spagna purché si magna”) e pronta a correre dietro ai demagoghi, pifferai e populisti di turno: ieri Mussolini, oggi Berlusconi, Grillo e i dirigenti del movimento dei “forconi”, dimenticando le drammatiche tragedie e le crisi vissute. Il fascismo non fu un incidente, una parentesi della storia, come pensava Croce, ma qualcosa di più; è stato, come lucidamente intuì il ventenne giornalista ed uomo politico antifascista Piero Gobetti, “l’autobiografia della nazione”: non un incidente quindi, ma un dato permanente dell’animo italiano. Perciò da questa consapevolezza bisogna partire, se si vuole dare alla memoria un futuro. Bisognerà costruire anche nel nostro Paese un tessuto morale e civile democratico ed antifascista di memorie condivise, come quello vigente nei Paesi dell’Europa più democratica. A questo compito dovranno essere finalizzati gli sforzi di tutte le agenzie formative:Stato, Scuola, Chiesa, Famiglia, Mass media .

Romolo Vitelli

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