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Il IV Novembre, tra retorica patriottica e storia

Avarie
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9 Novembre 2017

Egregio Direttore,

le celebrazione del 4 novembre corrono sempre il rischio di scivolare nella retorica patriottica. E’ vero poi che da anni questa data ha come finalità la celebrazione dell’Unità d’Italia e la Festa delle Forze armate, ricordando soprattutto coloro che sono caduti in tutte le guerre.

A Induno per merito della Scuola, del Comune e della Associazione Combattenti e Reduci, il 4 novembre è tornato ad essere partecipato, con i ragazzi delle scuole che si impegnano a rendere attuali questi eventi per evitare si possono ripetere. Infatti si celebrano eventi bellici con la speranza che la guerra venga cancellata per sempre dalla nostra storia e che regni per sempre la pace. Ma in queste occasioni la retorica patriottica è sempre in agguato.

E’ quella per esempio in cui ha rischiato di scivolare il neo assessore alla Cultura di Induno Olona, l’Ing. Emanuele Marin, che parlando a braccio si è lasciato scappare che quella data rappresenta un valore da difendere per le nuove generazioni. Il discorso del Sindaco è stato invece ineccepibile: parlando della disfatta di Caporetto, ha ricordato le tragedie e le sofferenze che ha provocato la prima guerra mondiale e tutte le guerre in generale. Non solo perché quella guerra ha provocato quasi 20 milioni di morti, di cui 1.250.000 italiani, ma soprattutto perché quella guerra per noi si poteva evitare se si accettava il nostro impegno a rimanere neutrali, in cambio di Trento e Trieste.

Vale sempre ricordare che dopo il 4 novembre, quando i militari tornarono nelle loro case, trovarono un paese sconvolto dalla fame, dalla miseria e dalla disgregazione sociale, che provocarono manifestazioni di protesta in tutta Europa e che partorirono fascismo e nazismo in Europa e per certi versi anche la stessa rivoluzione sovietica, sfociata poi nello stalinismo. Sono ormai molti gli storici che sostengono che non esiste una prima e una seconda guerra mondiale, ma un’unica grande guerra che partita nel 1914, fini poi nel 1945, con in mezzo per l’Italia le guerre per le conquiste coloniali. Se ci si libera della retorica patriottica, ci si rende conto che il 4 di novembre c’è proprio poco da festeggiare, se non la fine parziale di una battaglia di una guerra che concludendosi nel 1945, porta il conteggio finale dei morti a 100 milioni.

Ma c’è una cosa che mi ha infastidito molto di questa celebrazione: la lettura addirittura fatta fare da due bambine della “Preghiera dei Combattenti e Reduci”, una cosa che a Induno sembrava superata quando, credo per iniziativa di alcune insegnanti, negli anni scorsi, alla fine della messa questa preghiera era stata abbandonata e sostituita con la Preghiera della pace di papa Giovanni Paolo II, preghiera questa che invece è stata dimenticata, per lasciare posto alla retorica patriottica. Pensare ancora oggi nel 2017 che ci possa essere un Dio, Padre di tutti, che benedica gli eserciti l’uno contro l’altro armati è semplicemente una bestemmia.

Ci si dimentica di quella lettera scritta da un grande teologo: “Il Vangelo e i suoi aderenti non devono essere protetti dalla spada … i veri cristiani sono pecore in mezzo ai lupi, pecore da macello; essi devono essere battezzati in angoscia e afflizione, tribolazione, persecuzioni, sofferenze e morte; devono essere provati col fuoco e raggiungeranno la casa eterna del Padre, non uccidendo, ma mortificando i nemici spiritualmente. Essi non faranno uso della spada o della guerra, perché per loro è finito ogni assassinio, altrimenti si resterebbe confinati alla vecchia legge, anche se dopo la conquista della terra promessa, la guerra era sempre considerata una sventura.” E’ vero che l’autore di quella lettera non ebbe vita facile e per questo messo in prigione rischiando di finire sul rogo. Morì infatti due anni dopo per le tribolazioni vissute. Leggere oggi quella preghiera è come affermare di essere atei, dichiarandosi cristiani.

Emilio Vanoni – Induno Olona

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