La colonna infame ci parla della soluzione finale
26 Gennaio 2012
Caro direttore,
è, come sempre, molto interessante l’intervento di Eros Barone sul significato del giorno della memoria e sulla discussione storiografica che accompagna l’impervio tentativo di spiegare l’inspiegabile, di comprendere l’incomprensibile. Tra gli altri temi egli ci sottopone la riflessione se sia sufficiente, a comprendere la ‘soluzione finale’, il considerare “le condizioni che hanno reso possibile lo sterminio di massa” e non sia necessario invece tenere presente, oltre a questo, una specifica intenzione da parte di Hitler e dei suoi seguaci fondata sul pregiudizio e sull’odio razziale troppo a lungo coltivati e alimentati in modo consapevole, per non giungere, infine, a quelle estreme conseguenze. Sto rileggendo in questi giorni “La storia della colonna infame” nella cui introduzione Manzoni spiega le ragioni ripropone la storia della ingiusta e ‘infame’ condanna di due innocenti cittadini milanesi, Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, accusati di aver diffuso la peste, dovuta invece a ben altre cause sociali e igieniche. Storia già trattata da Pietro Verri nel suo scritto “Osservazioni sulla tortura”.Il grande illuminista lombardo aveva steso il suo scritto sulla tortura al fine di mostrare, anche attraverso l’esempio di quell’ingiusto processo, a quali aberranti conseguenze potessero portare la pratica della tortura unita e la credenza nelle ‘unzioni’. Questi due elementi – “la barbarie della giurisprudenza” e “l’ignoranza de’ tempi”- diventano nel saggio del Verri la spiegazione della orribile ingiustizia che portò alla condanna e alla esecuzione dei due innocenti, trasformati in capri espiatori della immane tragedia che fu la peste del seicento. Il che però non può cancellare il fatto che l’accusa, il processo e la condanna non furono opera di semplici ‘ circostanze’ impersonali (la barbarie e l’ignoranza), ma dell’intelletto e della volontà di uomini che li usarono per compiere un’ingiustizia tremenda: sacrificare degli innocenti. Scrive il Manzoni: “Ma dalla storia… d’un gran male fatto senza ragione da uomini a uomini, devono necessariamente potersi ricavare osservazioni più generali, e d’un’utilità, se non così immediata, non meno reale. Anzi, a contentarsi di quelle sole che potevan principalmente servire a quell’intento speciale, c’è pericolo di formarsi una nozione del fatto, non solo dimezzata, ma falsa, prendendo per cagioni di esso l’ignoranza de’ tempi e la barbarie della giurisprudenza, e riguardandolo quasi come un avvenimento fatale e necessario; che sarebbe cavare un errore dannoso da dove si può avere un utile insegnamento. L’ignoranza in fisica può produrre degl’inconvenienti, ma non delle iniquità; e una cattiva istituzione non s’applica da sé. Certo, non era un effetto necessario del credere all’efficacia dell’unzioni pestifere, il credere che Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora le avessero messe in opera; come dell’esser la tortura in vigore non era effetto necessario che fosse fatta soffrire a tutti gli accusati, né che tutti quelli a cui si faceva soffrire, fossero sentenziati colpevoli…Noi abbiam cercato… di far vedere che que’ giudici condannaron degl’innocenti, che essi, con la più ferma persuasione dell’efficacia dell’unzioni, e con una legislazione che ammetteva la tortura, potevano riconoscere innocenti; e che anzi, per trovarli colpevoli, per respingere il vero che ricompariva ogni momento, in mille forme, e da mille parti, con caratteri chiari allora com’ora, come sempre, dovettero fare continui sforzi d’ingegno, e ricorrere a espedienti, de’ quali non potevano ignorar l’ingiustizia.” Ecco, a me pare anche le parole del Manzoni aiutino la riflessione sulla storia e sull’oggi. Ricordano la responsabilità dell’uomo che rimane pur sempre, nel bene e nel male artefice delle proprie scelte. Questa è la consapevolezza con cui si deve leggere il “meditate che questo è stato” di Primo Levi. Saluti cordiali,
è, come sempre, molto interessante l’intervento di Eros Barone sul significato del giorno della memoria e sulla discussione storiografica che accompagna l’impervio tentativo di spiegare l’inspiegabile, di comprendere l’incomprensibile. Tra gli altri temi egli ci sottopone la riflessione se sia sufficiente, a comprendere la ‘soluzione finale’, il considerare “le condizioni che hanno reso possibile lo sterminio di massa” e non sia necessario invece tenere presente, oltre a questo, una specifica intenzione da parte di Hitler e dei suoi seguaci fondata sul pregiudizio e sull’odio razziale troppo a lungo coltivati e alimentati in modo consapevole, per non giungere, infine, a quelle estreme conseguenze. Sto rileggendo in questi giorni “La storia della colonna infame” nella cui introduzione Manzoni spiega le ragioni ripropone la storia della ingiusta e ‘infame’ condanna di due innocenti cittadini milanesi, Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, accusati di aver diffuso la peste, dovuta invece a ben altre cause sociali e igieniche. Storia già trattata da Pietro Verri nel suo scritto “Osservazioni sulla tortura”.Il grande illuminista lombardo aveva steso il suo scritto sulla tortura al fine di mostrare, anche attraverso l’esempio di quell’ingiusto processo, a quali aberranti conseguenze potessero portare la pratica della tortura unita e la credenza nelle ‘unzioni’. Questi due elementi – “la barbarie della giurisprudenza” e “l’ignoranza de’ tempi”- diventano nel saggio del Verri la spiegazione della orribile ingiustizia che portò alla condanna e alla esecuzione dei due innocenti, trasformati in capri espiatori della immane tragedia che fu la peste del seicento. Il che però non può cancellare il fatto che l’accusa, il processo e la condanna non furono opera di semplici ‘ circostanze’ impersonali (la barbarie e l’ignoranza), ma dell’intelletto e della volontà di uomini che li usarono per compiere un’ingiustizia tremenda: sacrificare degli innocenti. Scrive il Manzoni: “Ma dalla storia… d’un gran male fatto senza ragione da uomini a uomini, devono necessariamente potersi ricavare osservazioni più generali, e d’un’utilità, se non così immediata, non meno reale. Anzi, a contentarsi di quelle sole che potevan principalmente servire a quell’intento speciale, c’è pericolo di formarsi una nozione del fatto, non solo dimezzata, ma falsa, prendendo per cagioni di esso l’ignoranza de’ tempi e la barbarie della giurisprudenza, e riguardandolo quasi come un avvenimento fatale e necessario; che sarebbe cavare un errore dannoso da dove si può avere un utile insegnamento. L’ignoranza in fisica può produrre degl’inconvenienti, ma non delle iniquità; e una cattiva istituzione non s’applica da sé. Certo, non era un effetto necessario del credere all’efficacia dell’unzioni pestifere, il credere che Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora le avessero messe in opera; come dell’esser la tortura in vigore non era effetto necessario che fosse fatta soffrire a tutti gli accusati, né che tutti quelli a cui si faceva soffrire, fossero sentenziati colpevoli…Noi abbiam cercato… di far vedere che que’ giudici condannaron degl’innocenti, che essi, con la più ferma persuasione dell’efficacia dell’unzioni, e con una legislazione che ammetteva la tortura, potevano riconoscere innocenti; e che anzi, per trovarli colpevoli, per respingere il vero che ricompariva ogni momento, in mille forme, e da mille parti, con caratteri chiari allora com’ora, come sempre, dovettero fare continui sforzi d’ingegno, e ricorrere a espedienti, de’ quali non potevano ignorar l’ingiustizia.” Ecco, a me pare anche le parole del Manzoni aiutino la riflessione sulla storia e sull’oggi. Ricordano la responsabilità dell’uomo che rimane pur sempre, nel bene e nel male artefice delle proprie scelte. Questa è la consapevolezza con cui si deve leggere il “meditate che questo è stato” di Primo Levi. Saluti cordiali,



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