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Le vittime dei totalitalismi e il ricordo delle Foibe

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2 Febbraio 2013

Gentile direttore,

Berlusconi in occasione della Giornata della Memoria ha affermato tra l’altro che le leggi razziali “sono la peggior colpa del leader Mussolini che per tanti altri versi aveva fatto bene.” Questa affermazione ha suscitato sdegno in Italia nel mondo ed è stata definita una vergogna e un insultoalla storia e alla memoria. Ve la immaginate un’Angela Merkel che, commemorando la Giornata della memoria si azzardasse a dire: “La maggior colpa di Hitler è stata quella di ideare la soluzione finale degli ebrei, ma per tanti versi ha fatto bene, ha costruito ad esempio le autostrade in Germania.” Dopo due minuti si sarebbe dovuta dimettere, cacciata a furor di popolo; mentre in Italia dopo un momento di smarrimento e di polemica, non è successo gran che e Berlusconi non sì è scomposto più di tanto e seguita a fare la sua campagna elettorale in tv, come se nulla fosse accaduto. Questo clima torbido alimenta e favorisce le azioni di squadracce neonaziste che, con scritte negazioniste e di incitamento all’odio razziale, imbrattano le lapidi dei partigiani e urlano slogan razzistici negli stadi, inneggiando sul web ad Hitler. E’ avvilente, signor direttore, che questo avvenga ancora in un’ Italia, nata dalla Resistenza, dove purtroppo c’è un “passato che non passa” perché c’è un leader del centro destra che fa di tutto per non farlo passare, tenendo, da venti anni, in ostaggio il Paese e la storia, agitando scompostamente
e strumentalmente lo spettro del comunismo, per raccattare una paccottiglia di voti tra i neofascisti e nostalgici del “ventennio mussoliniano”. Di fronte a questi eventi un senso di scoramento afferra molti italiani nel constatare che è “necessario dover ancora spiegare cosa sono stati fascismo, nazismo e lo sterminio di milioni di uomini donne e bambini operate dal nazifascismo. Quasi – dice Mario Pirani – che le testimonianze dei superstiti e dei carnefici non fossero servite a nulla, quelle foto atroci, quei filmati inoppugnabili, quei documenti agghiaccianti, quei lager ancora visitabili con i loro forni, le camere a gas, le forche, si rivelassero agli occhi di chi, sessantasette anni dopo, li scruta da lontano come scontate ripetizioni di un ricorrente deja-vu, banale prova della crudeltà e della barbarie umana”. Debbo dire che, forse al di là delle sue buone intenzioni, anche il signor R.C. ( si veda lettera 348, sulla Giornata europea della memoria) ci metta abbondantemente del suo in fatto di confusione e di mistificazione perché con la sua lettera, nel tentativo di commemorare i milioni di morti del Novecento, fa di tutta un’erba un fascio, mescolando indistintamente nel calderone dei totalitarismi (nazismo, fascismo e comunismo), le vittime, i tragici eventi e le atrocità del secolo scorso che vanno sì condannati severamente, ma distinti per organizzazione, mezzi e finalità. Cosa che non fa R.C. quando vuole che “Il 27 Gennaio dovrebbe essere il giorno per ricordare le atrocità naziste, fasciste e comuniste”. Ma R. C. finge di dimenticare che la Giornata della memoria non è stata indicata per puro caso il 27 gennaio; no, quella data ricorda al mondo intero la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa e le vittime dell’Olocausto e ricorda coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. Quindi questa data non è stata istituita per commemorare indistintamente le vittime di tutti i totalitarismi, ma quella “rottura d’umanità”, quell’evento unico e in – audito (cioè mai udito) che è stato lo sterminio di milioni di uomini, donne e bambini perpetrato dal nazifascismo. 
E il processo di Norimberga è stato istituito, non contro i sovietici, ma per giudicare i criminali nazisti che avevano scatenato la Seconda guerra mondiale. Quella guerra, è bene non dimenticarlo, ha creato 50 milioni di morti di cui 25 milioni solo tra i sovietici: tra popolazione invasa e soldati morti per restituire dignità e libertà insieme ad alleati e partigiani di ogni fede e appartenenza politica, anche a noi italiani. I totalitarismi sono tutti da condannare ed io qui li condanno senza appello, ma non li confondo e non li confonde nemmeno la storiografia seria; ma tende invece a confonderli e ad annacquarli il revisionismo becero e qualunquistico, quello per l’esattezza intriso di venature neofasciste. La comparazione tra i crimini nazisti e quelli sovietici da tempo incontra difficoltà di vario tipo nel campo storiografico data la complessità e diversità della problematica in questione. Eppure Primo Levi diceva che “fra i gulag sovietici e i lager nazisti mi pare di poter osservare sostanziali differenze. La principale differenza consiste nella finalità. I lager tedeschi costituiscono qualcosa di unico, nella pur sanguinosa storia dell’umanità: all’antico scopo di eliminare o terrificare gli avversari politici, affiancavano uno scopo moderno e mostruoso, quello di cancellare dal mondo interi popoli e culture. I lager diventano gigantesche macchine di morte: camere a gas e crematori erano stati deliberatamente progettati per distruggere vite e corpi umani sulla scala di milioni; l’orrendo primato spetta ad Auschwitz, con 24.000 morti in un solo giorno, nell’agosto 1944. I lager e i gulag erano universi di morte. I gulag erano infatti indirizzati, a differenza dei lager nazisti, ad un’opera di repressione interna delle proprie popolazioni e di “rieducazione” dei soggetti controrivoluzionari. Però nei gulag la morte non era programmata, ma conseguenza di un lento processo di logoramento attraverso il lavoro. Ben diversa era la situazione nei lager dove la funzione principale era lo sterminio dei popoli inferiori e dove si entrava per non uscirne: non era previsto alcun termine altro che la morte. Per contro, nei campi sovietici, un termine è sempre
esistito: al tempo di Stalin, i “colpevoli” venivano talvolta condannati a pene lunghissime, (anche 15 o 20 anni) con spaventosa leggerezza, ma una sia pur lieve speranza di libertà sussisteva. Dunque gulag e lager tutti e due da condannare, ma da distinguere”. Le atrocità commesse nei gulag non possono farci dimenticare il contributo di sangue che il totalitarismo sovietico ha versato per il ritorno della libertà nel mondo. Non dimentichiamo che è stato il totalitarismo nazista ad invadere la Russia e non i sovietici a scatenare la guerra. Ma che cosa sarebbe successo se avesse vinto il totalitarismo nazista nella seconda guerra mondiale? E’ vero che la storia non si fa con i “se”, ma un’anteprima con le camere a gas e i forni crematori l’abbiamo vista. Quanto poi alle Foibe, il cui ricordo si celebra il prossimo 10 febbraio, assieme alla tragedia del Confine orientale, vorrei dire a R. C. con lo scrittore croato Predrag Matvejevic che: “Il ricordo di un crimine non deve crescere sull’oblio di un altro crimine,” quello appunto compiuto dal fascismo nell’aggressione alla Jugoslavia. Se si parla di crimini di Tito bisogna parlare aggiunge P.- Matvejevic – “anche di tutta la gioventù croata e dalmata ammazzata dalle camicie nere di Mussolini”. Bisogna ricordare che i crimini perpetrati dai fascisti e dai loro collaborazionisti durante l’occupazione della Jugoslavia; e quelli dei partigiani comunisti di Tito dal 1943 al 1945, durante l’epurazione titina, rimangono pur sempre crimini, chiunque li abbia commessi; non vanno né giustificati, né tanto meno analizzati con l’ottica dell’oggi, né isolati dal loro cornice storica, ma
studiati attentamente e collocati nel loro contesto internazionale e non dimenticando infine che “due torti non fanno una ragione.” Come non si possono dimenticare queste parole pronunciate da Benito Mussolini nel 1920: “Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possono sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”.
Ricordiamo e condanniamo tutti i crimini e le vittime del Novecento ma educhiamo le nuove generazioni ad analizzare e distinguere e a non fare di tutta un erba un fascio; insegniamo loro a distinguere i carnefici dalle vittime, gli aggressori dagli aggrediti. Ai giovani bisogna dire che quello che accaduto nel Novecento è non è stato frutto di “follia” o di un genio maligno, ma un lucido disegno di un’ideologia nazista aberrante, che voleva impadronirsi del mondo. Questi uomini non venivano da Marte, ma dalla civilissima Germania e a collaborare con loro erano magari nostri vicini, i “carnefici della porta accanto” che denunciavano alla gestapo per 5000 lire un ebreo o un partigiano. La democrazia si mantiene e si salva solo con il ricordo e l’eterna e continua vigilanza di ciascuno di noi.

RomoloVitelli , già docente di storia e filosofia

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