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L’eredità di Raffa

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L’eredità di Raffa
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31 Agosto 2021

Egregio direttore,
Ci sono persone che se ne vanno da questo mondo lasciando il vuoto.
Ce ne sono altre che lasciano ricordi indelebili, ma pur sempre ricordi, con il timore di vederli sbiadire.
Raffa se n’è andato come era solito vivere: seminando concretezza.
38 anni sono pochi per trasformarsi in altro, ma sono convinta che sapesse che quel tempo concesso fosse tanto.
Ecco perché aveva sempre un progetto da portare avanti: in famiglia, per Valentina e i figli Sara e Riccardo, oppure per la sua Polisportiva Besanese e i suoi piccoli “tacchini” come amava definire i suoi mini atleti, qualcosa che lo tenesse fottutamente aggrappato a quella meravigliosa vita che si era costruito ma in cui stazionava da anni nelle sofferenze di una malattia autoimmune.
Sposarsi presto e avere figli da giovani è un’impresa concreta, che regala tanto ma richiede anche tanto: quasi sapessi di non avere tempo da sprecare in cose futili.
Quello che avevi in mente lo volevi convertire in fatti e quando le idee erano un po’ sparse in disordine nella tua mente, mi chiamavi per metterle nero su bianco: dicevi che ci sapevo fare con le parole sulla carta più di te, ma non avrei mai pensato che scrivere potesse essere uno dei modi più limpidi per fissarti nei pensieri.
La Vale, come la chiamavi tu, è la dimostrazione più concreta che, ad un certo punto, l’amore dell’angelo custode per l’anima gemella trascenda in altro, salga di rango e sia disposto all’abbandono pur di consegnare un’anima speciale al cielo.
Sara e Riccardo, nella diversità dei loro caratteri, l’una riflessiva e generosa, l’altro introverso e spaccone, rispecchiano in tutto la tua paternità: sono loro una delle tue più belle eredità.
Ad Agostino e Mina, i tuoi genitori, spetta il compito più duro perché accettare la morte prematura di un figlio è contro natura, ma Antonella e Giuseppe gli ricorderanno che animavi le giornate facendo caciara, ma che andartene in silenzio era parte del tuo vivere in armonia con tutto, con tutti, senza far pesare la tua condizione.
Ci rimane altro del tuo passaggio su questa Terra, qualcosa di luminoso che continuerà a trasformarsi: l’energia che sprigionavi, che precedeva e seguiva il tuo essere attivo in questa dimensione.
Per gli scienziati si tratta di fisica quantistica, per i credenti è la luce dell’anima eterna.
Per me sei tu che splendi.
Perché si spengono i corpi ma non l’energia che emanano, non la luce che si portano dentro e che serve ora a chi ti ha voluto bene per camminare confortato.
Sono questi i giorni in cui, al dolore, tocca prendere coscienza del fatto che sei altrove, a splendere anche lì, incomprensibilmente lontano, realmente vicino.
Ancora non so per quanto, mi aspetterò di trovare sul cellulare un tuo vocale: lo schermo si illuminerà con il nome Bruno Polisportiva e la tua voce si farà strada per arrivarmi ancora chiara.
Certo che te la scrivo Raffa, l’ultima lettera: è tutta per te.
Spero ti arrivi forte.
Buon viaggio.

Signora Vergobbi
(come ti piaceva chiamare tutte le mamme dei tuoi “tacchini”)

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