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Un complotto internazionale dietro la strage di Utoya

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26 Luglio 2011

Esaminando a mente fredda la strage perpetrata nell’isola di Utoya contro i giovani
socialisti norvegesi riuniti nel loro annuale meeting politico-culturale, nonché le
distruzioni materiali e le vittime umane delle autobomba fatte deflagrare ad Oslo
davanti alle sedi dei principali ministeri, è perlomeno riduttivo pensare che queste
atrocità siano state pianificate e realizzate unicamente da Anders Behring Breivik,
a meno che non si creda veramente che costui sia dotato del dono dell’ubiquità
e che sia un cavaliere templare redivivo, magari in versione Sylvester Stallone o
Steven Seagal. In realtà, appare altamente plausibile, alla luce sia delle modalità
tecniche della preparazione e della esecuzione degli attentati sia della impressionante
dimensione quantitativa della strage (circa un centinaio di persone, nella stragrande
maggioranza giovani), che questo efferato neonazista non abbia agito senza una
rete di complici che lo coadiuvasse e che sia stato perciò soltanto il terminale di un
complotto internazionale contro il regno di Norvegia.
Stabilita questa premessa, occorre individuare motivi ed obiettivi di questo vero e
proprio atto di guerra nei confronti di uno dei paesi più democratici, più civili e più
socialmente avanzati del mondo. Ritengo che, a tal fine, sia opportuno richiamare
le iniziative di politica estera che sono state assunte dal governo norvegese: 1)
Jonas Gahr Stoere, ministro degli esteri norvegese, ha recentemente dichiarato in
occasione di una conferenza stampa svoltasi a Ramallah insieme col primo ministro
palestinese Salam Fayyad che il suo paese sarà uno dei primi a riconoscere il futuro
Stato palestinese non appena le sue istituzioni saranno stabilite secondo i progetti
previsti dall’Autorità Nazionale Palestinese; 2) lo stesso ministro è stato accolto con
forti richieste di riconoscimento dello Stato palestinese quando, il 21 luglio scorso, si
è recato in visita al campo estivo della gioventù socialista a Utoya; 3) il Sosialistisk
Venstreparti (Partito Socialista di Sinistra) di Kristin Halvorsen, che fa parte della
coalizione di governo norvegese, ha proposto recentemente una mozione in cui si
richiede un’azione militare contro Israele nel caso che questo Stato decida di agire
contro Hamas a Gaza; 4) la Norvegia si è ritirata dalla cosiddetta “coalizione dei
volenterosi” che conduce la guerra di aggressione alla Libia, esprimendo in tal modo
il suo dissenso dalla politica bellicista e neocolonialista della Nato; 5) Norvegia e
Russia hanno raggiunto nel corso degli ultimi anni importanti accordi di cooperazione
sia per lo sfruttamento in comune dei giacimenti di gas e petrolio dell’Artico sia per
la ‘partnership’ commerciale nello sfruttamento di giacimenti mediorientali.
Quali conclusioni si ricavano dai punti testé elencati? Dai punti 1 e 2 si deduce
che difficilmente si può immaginare un avvertimento dal significato più eloquente
della strage consumata nel campeggio di Utoya, dove il ministro Stoere si era recato
in visita il 21 luglio, un giorno prima della strage compiuta dal “folle estremista
di destra”. Chissà se il primo ministro Jens Stoltenberg, i cui figli, guarda caso, si
trovavano al meeting di Utoya e si sono salvati per miracolo, così come il ministro
degli esteri, che era stato a Utoya poco prima rischiando di rimanere coinvolto nella
 
sparatoria, avranno capito l’antifona e imparato ad essere più ubbidienti?
Dai punti 3, 4 e 5 si desume facilmente quali possano essere gli interessi delle
potenze e delle forze che stanno dietro alla strage di Utoya e all’attentato di
Oslo: basti pensare, da un lato, alla pervicace ostilità di Israele verso qualsiasi
riconoscimento delle giuste ragioni e delle legittime aspirazioni del popolo
palestinese, sottoposto nella Striscia di Gaza ad una bestiale repressione e alla politica
dell’‘apartheid’, e, dall’altro, all’incidenza che assume, contestualmente alla scelta
di non partecipare alla guerra contro la Libia, la creazione di un asse energetico tra la
Norvegia e la Russia in quella ‘guerra per l’oro nero’ che vede da tempo confrontarsi
su più scacchieri la Russia e gli Usa. Ma a questo punto fa soltanto ridere, ammesso
che di fronte a una siffatta strategia del terrore vi sia spazio per una reazione di
questo tipo, la tesi secondo cui i fatti norvegesi consistono nell’“assurda strage” di
un “folle estremista”.
Enea Bontempi

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