Rivolta: “Sapevo chi mi aveva bruciato l’auto”

Emergono nuovi retroscena sulla zona grigia dei contatti tra 'ndrangheta e politica. Parlano Danilo Rivolta (segretario di Forza Italia e assessore) e il fratello Fulvio: "Qualcuno della precedente giunta apriva loro le porte"

«Se questi soggetti sono entrati in comune accreditandosi in qualche modo, qualcuno deve avergli aperto le porte». La frase, neppure tanto sibillina, di Danilo Rivolta (assessore all’urbanistica del comune di Lonate Pozzolo) evidenzia come la forte presenza di cirotani nella passata giunta che ha governato Lonate Pozzolo potesse facilitare in qualche modo le entrature di personaggi come Emanuele De Castro o Nicodemo Filippelli, arrestati nell’operazione Bad Boys e coinvolti nella maxi-operazione “Crimine”: «Non venivano mai da soli, erano sempre presentati da qualcuno – racconta Rivolta – e proprio per questo alle scorse elezioni non abbiamo ricandidato alcuni cirotani che avevano partecipato al primo mandato».

IL VOTO DEI CIROTANI – Lonate Pozzolo vede una foltissima presenza di immigrati da Cirò Marina, centinaia di persone che corrispondono a centinaia di voti e, se da un lato poteva esserci la preoccupazione che tra di loro ci fossero anche degli esponenti della ‘ndrangheta, dall’altro non si poteva non tenere in considerazione, a fini elettorali, l’enorme peso che questi avevano e hanno in un’elezione amministrativa. E’ così che sono iniziati i contatti, che sia il sindaco Gelosa che l’assessore Rivolta non esitano a definire inconcludenti, da parte degli esponenti della locale di Legnano-Lonate nei confronti dell’amministrazione.

IL CAPANNONE E I RIFIUTI – Rivolta ricorda bene l’affaire “Pirellino”, il grattacielo che dovrebbe sorgere nella frazione di sant’Antonino ma ricorda anche un altro episodio che ha scatenato le “ire” degli ‘ndranghetisti, culminati nell’incendio all’auto di Orietta Liccati, allora capo dell’urbanistica lonatese: «Ricordo bene una conferenza dei servizi in Provincia dove erano presenti alcuni imprenditori che erano, evidentemente, dei prestanome della ‘ndrangheta – racconta Rivolta – pressavano perchè si desse loro la possibilità di utilizzare un capannone non a norma per lo stoccaggio dei rifiuti. Ricordo che l’amministrazione si oppose e il progetto non decollò». Ma non è tutto perché dopo qualche mese «inspiegabilmente qualche "solerte funzionario" della provincia riaprì la conferenza dei servizi su questo progetto – continua Rivolta – e Orietta Liccati si oppose nuovamente» – dopo qualche mese la sua auto fu incendiata con una molotov proprio davanti alla sede del Comune.

La Liccati fu costretta, temendo per la sua sicurezza, ad andarsene da Lonate Pozzolo: «Non la si vede qui da qualche anno – commenta il fratello di Danilo, Fulvio Rivolta – e anche io sto pensando di andare via da Lonate, rivela non senza rammarico, anche a me è capitato di avere a che fare con Emanuele De Castro, mi chiese di fare delle prove per il cemento armato per una costruzione edile, lo feci pensando che fosse un normale rapporto di lavoro ma lui non pagò mai questa prestazione».

L’ATTENTATO A RIVOLTA – Danilo Rivolta ripercorre le altre fasi che portarono all’esclusione dei cirotani dalla lista del centro-destra: «Gli stessi carabinieri mi dissero che questa vicinanza tra Forza Italia e i cirotani non poteva continuare e io feci pressione perchè alcuni elementi non venissero ricandidati». Questo proposito fu attuato da Rivolta, segretario cittadino di Forza Italia, e a gennaio fu la sua auto ad essere incendiata: «Quando i carabinieri mi chiesero se avevo dei sospetti risposi loro che sapevano benissimo chi poteva essere stato ma quando mi chiesero di fare i nomi io non li feci», perchè? «Non aveveo ricevuto sufficienti rassicurazioni sulla mia sicurezza e quella della mia famiglia». Dietro la mano incendiaria di Ernestino Rocca, sospettato di essere l’autore materiale arrestato anche lui nell’operazione Bad Boys, che aveva bruciato l’auto di Rivolta c’era Emanuele De Castro che il segretario di Forza Italia incontrò qualche giorno dopo per strada: «Mi disse che era molto dispiaciuto per quello che era successo alla mia macchina – ricorda Rivolta – lo guardai con disprezzo perchè era evidente che era stato lui. Gli dissi che di macchine ne producevano una al minuto e che con l’assicurazione ne avrei avuta una nuova e che la giustizia, prima o poi, avrebbe fatto il suo corso».

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Pubblicato il 16 Luglio 2010
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