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Il significato odierno dell’antifascismo

Avarie
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7 Febbraio 2018

Ancora una volta quella bestia immonda, che fu ricacciata allora nella sua tana, ha rialzato la testa. Domandiamoci, pertanto, il perché di questa longevità e recrudescenza del neofascismo e del neonazismo ad oltre settant’anni dalla Liberazione.

Espongo sinteticamente la mia risposta, attingendo alla teoria marxista, all’esperienza del proletariato internazionale e alla cronaca di questi ultimi anni. Ebbene, occorre dire che la catena di episodi di violenza squadrista a cui stiamo assistendo (la sparatoria di un neonazista contro gli immigrati di colore a Macerata, l’accoltellamento di militanti antifascisti per opera di esponenti di “Casa Pound” a Genova, l’irruzione di alcuni ‘skinhead’ neonazisti in una riunione di persone impegnate nell’accoglienza degli immigrati a Como, la presenza e l’attività di gruppi di estrema destra nella nostra provincia ecc.) è, sì, il frutto marcio di alcuni decenni di revisionismo anti-antifascista e delle retoriche sulla “memoria condivisa”,
ma è soprattutto il prodotto delle fasi più avanzate (non di quelle più arretrate) del processo ciclico di sviluppo e di crisi del capitalismo, perché, oggi come non mai, è vero quanto osservava Bertolt Brecht, e cioè che “quel grembo è ancora fecondo” e tale resterà fin quando sussisteranno il modo di produzione capitalistico e l’imperialismo, che gènerano e alimentano incessantemente il fascismo.

Così, a proposito della catena di episodi che hanno avuto quali protagoniste organizzazioni come Casa Pound, Forza Nuova e Blocco Studentesco bisogna prendere atto che siamo in presenza di una vera e propria accelerazione della crescita quantitativa e della mobilitazione qualitativa dei gruppi di estrema destra: crescita e mobilitazione il cui punto di svolta va, a mio avviso, individuato in ciò che è successo il 29 aprile 2017, quando un migliaio di persone si sono recate a Milano al Cimitero Maggiore a commemorare i morti repubblichini, autofotografandosi mentre facevano il saluto romano. Quella fu una prova di forza e una sfida. Che vinsero, perché il Tribunale di Milano derubricò il fatto a commemorazione funebre.

Occorre inoltre sottolineare che la sovraesposizione mediatica di questi gruppi, in particolare di Casa Pound, non è la causa ma l’effetto della loro crescita, così come i successi, per ora limitati ma significativi, che ottengono quando si presentano, generalmente nelle file del centrodestra e ora anche in modo autonomo, alle elezioni politiche. Né va dimenticato il fatto che partiti politici come la Lega e Fratelli d’Italia non solo forniscono la copertura a queste organizzazioni, ma esprimono posizioni che sui temi del lavoro, della sicurezza e dell’immigrazione coincidono con quelle
sostenute dai fascisti.

Non illudiamoci che l’azione di contrasto alla recrudescenza e all’ascesa del fascismo possa essere delegata a strumenti a doppio taglio come la legge Fiano, poiché nulla può sostituire l’organizzazione, la mobilitazione e l’azione diretta delle forze dell’antifascismo proletario sul territorio, nei quartieri e nei luoghi di lavoro, dovunque il fascismo cerchi di far passare il suo messaggio di asservimento alle classi dominanti con le armi della demagogia, del razzismo e dello sciovinismo. Ecco perché dobbiamo spiegare e dimostrare alle masse che i fascisti sono falsi amici del popolo e che il cosiddetto “sole nero degli oppressi” è soltanto qualcosa che acceca
e che inganna.

Dal punto di vista economico e sociale, la definizione terzinternazionalista del fascismo come “il cerchio di ferro che serve a tenere assieme la botte sfasciata del capitalismo”, oltre ad essere un modo efficace di rappresentare il nesso inscindibile tra i due fenomeni, è di un’attualità impressionante: basti considerare l’incidenza che la crisi economica mondiale esercita sul processo di fascistizzazione delle istituzioni e sulla tendenza verso un autoritarismo sempre più marcato, i cui attributi esteriori non necessariamente sono la svastica e il fascio littorio, ma la cui sostanza è inconfondibile, essendo costituito dall’estensione e dall’intensificazione dello sfruttamento capitalistico, dell’oppressione padronale e del razzismo a tutti i livelli e in tutti i settori della società.

Abbiamo bisogno di un antifascismo più attento a quanto accade oggi, meno celebrativo e meno commemorativo. Occorre, dunque, prendere coscienza del fatto che nel capitalismo contemporaneo si sta realizzando un ritorno al fascismo, come ha dimostrato in Ucraina il colpo di Stato reazionario preparato, sostenuto e finanziato dall’imperialismo euro-americano, nel cui contesto è stata consumata dai gruppi neonazisti l’orrenda strage di Odessa. E lo stesso presidente degli USA, Donald

Trump, non è forse, per il suo linguaggio sprezzante, per il suo comportamento aggressivo e per le sue tendenze scioviniste e guerrafondaie, un Mussolini a stelle e strisce? Non vi è alternativa: se si vuole respingere e sconfiggere l’involuzione reazionaria in corso occorre una vigorosa mobilitazione di tutte quelle forze, operai impiegati studenti intellettuali precari migranti, che hanno compreso come l’unico modo per opporsi al processo di fascistizzazione che avanza nella società e nelle stesse istituzioni dello Stato consiste nell’attaccare le forze motrici che lo gènerano, lo riproducono e lo alimentano: il grande capitale industriale e finanziario. E la prospettiva che deve guidare questa mobilitazione non può che essere quella di una società socialista. Come ebbe a rilevare in tempi non sospetti, ossia nel 1945, uno storico del fenomeno fascista, Daniel Guérin, «domani le grandi ‘democrazie’ potrebbero riporre con tutta naturalezza l’antifascismo nel magazzino degli attrezzi usati», ragione per cui, «già fin d’ora, questa parola magica, che ha fatto insorgere
i lavoratori contro Hitler e Mussolini, viene considerata con sospetto e avversata non appena serve a riaggregare tra loro gli avversari del sistema capitalistico».

Eros Barone

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