Arbasino: “Leggiamo meno sottoprodotti”

Premio Chiara alla carriera consegnato ad Alberto Arbasino, grande innovatore amante del sarcasmo. Accampagnato da Rosellina Archinto e da Inge Feltrinelli ha ricordato il passato con un pizzico di nostalgia per il presente

L’edizione 2004 del Premio Chiara si è chiuso questa mattina a Villa Recalcati. E per l’epilogo, gli Amici hanno voluto un evento d’eccezione: il Chiara alla carriera è stato consegnato dall’assessore provinciale Longoni ad Alberto Arbasino, uno dei "mostri sacri" della letteratura italiana. Un premio che Arbasino, scrittore nato a Voghera nel 1930, ha ricevuto con piacere ("Non ho ricevuto molti premi nella mia carriera, ma tutti di elevata qualità, come il Flaiano e il Bagutta"), e che di fatto conferma il prestigio conquistato nel tempo dall’iniziativa varesina. Un Premio cresciuto talmente da attirare sempre maggiori sponsor: tra cui AD la rivista del Gruppo Condè Nast per la quale Piero Chiara inventò nel primo numero la rubrica "La casa, la vita", ancor oggi viva. Nella prossima edizione ci sarà anche la firma della Regione Lombardia.
Ad Alberto Arbasino è stata consegnata una targa da AD, un contributo di 2500 euro oltre ad una scultura in vetro dal titolo "Globo" dell’artista Vittore Frattini  dall’associazione "Amici di Piero Chiara".

Pubblico delle grandi occasioni a Villa Recalcati per assistere alla premiazione di un personaggio che ha fatto dell’ironia e del sarcasmo uno stile inconfondibile. Accompagnato da Rosellina Archinto ("Per me è stato una scoperta. Quando lessi "Fratelli d’Italia"  ne rimasi completamente affascinata. Capii di essere di fronte ad uno stile innovativo") e da Inge Feltrinelli ("All’inizio Bassani non voleva pubblicarlo per questo suo stile irriverente") Alberto Arbasino ha affascinato il pubblico con il suo consueto stile sfuggente, dove le risposte arrivavano indirettamente attraverso citazioni e aneddoti. Una vasta conoscenza e una cultura profonda condiscono i ricordi e i giudizi di Arbasino che ha raccontato con un pizzico di nostalgia di tempi ormai lontani quando "l’intellighenzia" italiana si ritrovava sotto il quarto platano del bar Roma a Forte dei Marmi per confrontarsi, condividere, discutere: "Erano riunioni da cui nascevano le più belle pagine delle migliori riviste letterarie dell’epoca". Le lunghe discussioni con i suoi coetanei, quando si parlava per ore e ore di tutto e di più: "Si discuteva di politica e di arte, ma anche del nostro futuro, delle nostre aspirazioni". L’attività del "Gruppo 63", giovani letterati di belle speranze che Ungaretti amava definire "Il movimento dei giovani turchi", decisi a percorrere vie sperimentali.  Anche l’incontro con Piero Chiara ha qualcosa, ormai, di demodè: "Lo conobbi attraverso i racconti di Vittorio Sereni che, nel corso di un viaggio in Cina, ci distraeva durante le infinite attese agli aeroporti".
Alberto Arbasino oggi è un critico di Repubblica e del Manifesto: la sua vena inconfondibile ("All’estero lo definiscono new journalism) sempre uguale a sé stessa ("In Italia ci sono molti autori con stili diversi a seconda del campo, a me sembra che sia già tanto averne uno…") lo porta ad analizzare la nostra società con gli occhi preoccupati di chi vede sprecare enorme potenzialità. Il suo giudizio non è diretto: "Solo i posteri potranno giudicare". Ma chi gli chiede cosa pensa dei tagli decisi dal Governo in tema di cultura risponde con diplomazia "non sono sufficientemente a conoscenza" ma poi spiega di non sapere esattamente quanti siano i "parassiti" che beneficiano dei soldi dei contribuenti. Solo il suo invito a rifuggire "i sottoprodotti" è sufficientemente esplicito. "Ma è colpa della TV?" chiede qualcuno "Non credo . Nel medioevo non c’era la televisione…."

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Febbraio 2005
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