Una morte di tutti
Non si può morire così. Così giovane. Così male, senza una vera ragione. Pochi attimi sono bastati a mettere fine alla vita di Claudio. Gli stessi pochi attimi che hanno distrutto la vita di tante persone e non solo la sua. Ma non si può tornare indietro. È una legge dura e facciamo tutti fatica a farcene una ragione.
L’imperativo di queste ore però è capire i perché, cosa fare. Il nostro territorio sta cambiando e ad una velocità che mette tutti in difficoltà. Besano ne è un esempio e sconforta.
Una piccola e ricca comunità che fino a sabato notte era passata alla storia per le gesta di un ciclista e non per problemi sociali o altro.
Tra la sua gente, circa duemilatrecento abitanti, vivono cinquanta immigrati, tra cui otto albanesi. Sono tutti ben inseriti e a quanto sentito da più voci non ci sarebbero mai stati problemi. Qualcosa ha interrotto quel clima. Una forza distruttiva terribile che non può essere archiviata con dei semplici aggettivi più o meno forti che siano. Una forza distruttiva che sta mettendo le radici e lo fa in modo molto più profondo di quanto noi si possa immaginare. Le coltellate a Claudio sono arrivate da una mano giovane. Un ragazzo albanese clandestino che non poteva sopportare di sentirsi insultato. Tanto è bastato a far veder che lui non aveva paura e che sapeva sistemare le cose. Di lui si occuperà la magistratura e ci auguriamo nel modo più fermo e duro possibile. Il questore parla di una battaglia che vede al centro l’immigrazione clandestina. Non è momento di distingui o di facili filosofie. Occorre una risposta chiara e forte che rimetta al centro del nostro vivere i valori e la legalità. Le forze dell’ordine faranno la loro parte e speriamo che anche tutti i cittadini pensino alla loro.
Non si pensi però in questo modo di estirpare il male che ci sta avvolgendo. Basterebbe un semplice elenco delle tragedie di questi mesi per capire come l’immigrazione clandestina sia solo una punta di un iceberg.
Fa impressione osservare la sequela di delitti che hanno come teatro quasi sempre il contesto familiare di cittadini italiani. È chiaro che c’è qualcosa di terribile in tutto ciò. Possiamo reagire e come prima cosa dobbiamo tornare a mettere la comunità al centro del nostro vivere. Saldarci su principi e valori condivisi che non accettino deroghe. Dobbiamo essere intransigenti prima con i nostri cari, i nostri vicini e quindi con quanti vorranno vivere con noi. Senza questo sforzo il nostro territorio non potrà che peggiorare. Troppe contraddizioni, troppo malessere e troppa sola immagine. Vanno ricercate soluzioni difficili che non prevedono scorciatoie tipo vendette o una sorta di giustizia sommaria. Se si cerca un capro espiatorio oggi trovarlo sarà facilissimo. L’irruenza e l’irascibilità che contraddistingue troppi albanesi è lì pronto. Non si deve cadere in questa trappola. A odio si aggiungerebbe odio in una spirale senza via d’uscita se non la sconfitta di tutti. Ci auguriamo così che nessuno voglia davvero soffiare su un fuoco che è già rigoglioso da solo. Iniziamo a lavorare tutti per spegnerlo o tenerlo sotto controllo. Almeno questo possiamo farlo tutti e subito.
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