Rocco Barbaro, «Se una donna ti chiede di che segno sei…»

Da Reggio Calabria a Varese, il comico di Zelig racconta in chiave ironica la sua storia di emigrante e riempie l'Apollonio

«"Menefotto", che poi vuol dire “Va bene così”». Rocco Barbaro arriva a Varese e riempie il teatro Apollonio. Una serata di beneficenza a favore dell’Unione italiana per la lotta alla distrofia muscolare (Uildm), un’ora e mezza di sketch, di cabaret puro, di sano umorismo. Uno spettacolo che racconta in chiave ironica la sua storia di emigrante, di emigrante-attore, di attore famoso. «Sì perché come genere ho scelto il famoso. È un bel genere il famoso. Da quando faccio l’attore famoso viaggio per il mondo, una sera sono a Varese e la sera dopo… a Gazzada». 
O a Caronno Pertusella da dove scrive per sfogare la nostalgia per la sua Calabria: «Madre, sono a Caronno Pertusella, e qui come in tutta la Lombardia piove. Eppure non è sempre così, a volte sembra che si alzi la nebbia».

Un Barbaro nella sua "divisa ufficiale", t-shirt e pantaloni morbidi, che scalda il pubblico e che fa botta e risposta con la signora in prima fila, le regala il suo libro e che ha battute per tutti e per tutto: per i calabresi “permalosi” e sempre diffidenti, subito pronti a scaldarsi, quelli del «”Scusi mi sa dire l’ora?””E perché? Se no che mi fa?”» e i milanesi del “lavoro e solo lavoro”, quelli che “non dormono. Mai. Non mangiano. Mai” e che poi si scatenano in discoteca, quelli dei balli senza tregua, dei discorsi inverosimili e deliranti sulla “Tatti, la Cicci e la Ninni”, delle storie di una notte e che «se una donna ti chiede di che segno sei sai già come finisce la serata».

Dallo Zelig a Varese per dire che assomigliare troppo a Michele Placido segna per la vita, per cantare "Vecchio frac" nella sua versione a mezze parole e per raccontarsi con autoironia. «Rocco come mio nonno che si chiama Rocco e tre miei cugini che si chiamano Rocchi perchè la mia famiglia ha seguito la tradizione. Sono di Reggio Calabria. Stavo bene a Reggio Calabria. Ero biondo con gli occhi azzurri. Sì, biondo con gli occhi azzurri. Certo, dopo dieci anni a Milano, con lo smog mi sono scurito». Ma a Milano c’è tutto, i milanesi, lo stress e anche l’amore. Quello del club degli "abbandonati dopo otto anni" che cambiano look e che hanno sete di conoscere nuove persone e che per farlo si iscrivono a tutti i corsi organizzati dal comune compresi quelli di taglio e cucito «perchè niente è meglio per attaccare bottone». Quelli che poi si incontrano per strada, straripano di pensieri e di preoccupazioni ma non si smentiscono: «Come va? Tutto a posto. E tu? Tutto a posto. E tu?Tutto a posto. E tu?».                       

 

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Pubblicato il 22 Febbraio 2007
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