«Quella campagna sull’acqua non funziona»
Cinque studenti di Scienze della Comunicazione scelti dalla Fondazione Pubblicità e Progresso per il loro lavoro di analisi e critica sulle pubblicità per il risparmio idrico
«È stata una campagna fallimentare». Una stroncatura senza possibilità di appello quella che cinque studenti della facoltà di Scienze della comunicazione dell’Insubria, guidati dal professor Paolo Bellini e da Paolo Bonvecchio, presidente del corso di laurea in Scienza della comunicazione, hanno decretato per la campagna di Aspem per il risparmio dell’acqua realizzata l’estate scorsa in piena crisi idrica.
Il giudizio secco è stato dato alla fine di un percorso di analisi fatto nell’ambito del concorso nazionale lanciato dalla Fondazione Pubblicità Progresso i cui risultati saranno presentati domani, giovedì 22, e venerdì 23 novembre a Milano all’interno della Conferenza Internazionale della Comunicazione sociale. Il lavoro di analisi è tra i sei prescelti, tra gli oltre 60 presentati dagli atenei italiani, dalla commissione che ha inoltre chiesto ai ragazzi di ripensare il messaggio pubblicitario.
«Il problema della campagna di Aspem – ha spiegato il professor Bellini – è il suo carattere "impersonale". I cittadini di Varese non si sono riconosciuti e i risultati ottenuti con quell’iniziativa sono sotto gli occhi di tutti, raccontati nei vari articoli di quei giorni».
Davide Milo, Stella Pagani, Sara Agatea, Laura Quagliardi e Daniela Gulino hanno "buttato giù " velocemente alcune ipotesi che legano i concetti di amore (" risparmiAMOLA", "risparmiAMO", TeniAMOcela stretta") con i luoghi simboli della varesinità: i giardini estensi ( impressi sull’etichetta della bottiglia di "acqua Varese") il lago ( riflesso nella goccia di diamante), ecc.
«Le nostre professionalità e il lavoro di ricerca che realizziamo sono di valore indiscusso – sottolinea il presidente Bonvecchio – purtroppo il territorio non ci considera. Ci sono slogan e chiacchiere ( la canzone "Varese is burning, nrd) che mettono in dubbio le nostre capacità, ma noi non abbiamo nulla da invidiare ad alcuna altra realtà accademica. Se gli enti pubblici vorranno, ci troveranno a disposizione con le nostre capacità di ricerca e di analisi».
La facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Insubria, secondo quanto afferma il professor Bonvecchio, sembra non conoscere la crisi di crescita che stanno attraversando le altre facoltà di comunicazione: «Noi siamo assestati sulle duecento matricole ogni anno e non possiamo ampliarci sia per ragioni di spazio sia per motivi economici. Con le nuove direttive, poi, abbiamo cinque anni per adeguarci alla normativa che fissa i criteri del corpo docente. Viste le ristrettezze finanziarie, è chiaro che dovremo cercare alleanze con altri atenei. Sicuramente cercheremo partner di uguale valore e territorialmente vicini, magari Pavia che, quanto a problematiche, è più vicino a noi».
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