Centrale a olio di palma, Castellanza dice no

Piuttosto netto il parere degli intervenuti al consiglio comunale aperto di oggi: BEC illustra il progetto incassando molte critiche da consiglieri e cittadini

Centinaia di persone hanno preso parte sabato mattina al consiglio comunale aperto tenutosi presso il teatro di via Dante per dire la loro sul progetto della centrale elettrica e termica a olio di palma proposta dalla società BEC – Bio Energia Castellanza, da installare nel locale polo chimico, che sorge a cavallo del Sempione proprio al confine tra Castellanza e Olgiate. Il clima intorno al progetto è negativo: emerge inoltre una sorta di incomunicabilità fra le parti. Da un lato BEC e le società che l’hanno formata, che ragionano in termini imprenditoriali; dall’altro i cittadini preoccupati; in mezzo l’amministrazione, più che perplessa circa il progetto ma aperta al confronto, e i sindacati timorosi di veder sparire anche gli ultimi rimasugli di occupazione industriale – centocinquanta lavoratori, "ultimi giapponesi" nel bunker della chimica castellanzese. Il tutto ricordando che alla fine a dare il via libera all’operazione dovrà essere la conferenza dei servizi, vale a dire sostanzialmente la Regione.

La seduta ha visto in avvio una relazione tecnica presentata dal consgliere delegato di BEC, ingegner Alessandro Brusa (foto). Per la società il punto è far passare la centrale come un vantaggio, un asset, per chi volesse insediare nuove attività industriali nell’area del polo chimico, con tanto di teleriscaldamento e quant’altro. Quanto al carburante, non si è per forza vincolati all’olio di palma, dice Brusa, se ne potrebbero usare altri come jatropha, colza, girasole. In ogni caso, BEC è disponibile a dialogare su tutti gli aspetti di mitigazione ambientale del caso, ma sarà difficile che a Castellanza ci si accontenti di "elemosine verdi" di sorta, si vuole ben altro, a partire dalla valutazione d’impatto ambientale (VIA) per finire con la bonifica integrale del sito.

Severi i toni dei capigruppo. Per Sergio Terzi (Castellanza Democratica) «la città ha già sofferto abbastanza a causa dell’industria». Lo testimonierà anche una donna che da quarant’anni vive nei pressi del polo chimico e, parole sue, solo nell’ultimo anno e mezzo, dice, ha finalmente potuto dormire la notte senza rumore, respirare un’aria (quasi) decente e tenere aperte le finestre d’estate. Terzi contestava la tardiva richiesta di VIA presentata da Castellanza in questi giorni, e più in generale il modello di sviluppo di cui il progetto della centrale è figlio. Anche il capogruppo di maggioranza (centrodestra) Paolo Porro ricordava che una delibera regionale vieta di collocare centrali per la produzione e commercializzazione di energia elettrica nelle cosiddette "zone critiche" per l’inquinamento. Maria Grazia Ponti (Impegno per la città) ricorderà addirittura la celebre definizione ONU della corsa ai biocarburanti come "un crimine verso l’umanità" per l’indiscriminata sostituzione di raccolti e il disboscamento per fare spazio alle piantagioni. Lidia Zaffaroni (Insieme per Castellanza, IpC) contesterà infine punto per punto le affermazioni di BEC, a partire da quella secondo cui in Lombardia esisterebbe un deficit energetico, contraddetta dalla Regione stessa, per finire con le esperienze di consimili impianti gestiti dai soggetti presenti in BEC in altre parti d’Italia (Occimiano, Guarcino) e in parte inattivi o in via di riconversione. Senza contare poi, dirà, che «la centrale esistente sotto Agrolinz era da 11 MW al massimo della potenza, la vostra sarà da 50MW solo per la produzione elettrica». E giù a ricordare i legami che hanno visto confluire nella creazione di BEC i diversi soggetti: CEG con l’expertise tecnica, AMGA Legnano per il teleriscaldamento, il gestore elettrico ticinese AET sulla base di accordi preesistenti con la Regione Lombardia. E ancora la vicenda dei raccordi ferroviari accuratamente preservati per condurre i vagoni all’interno dell’area industriale, riprova che il progetto parte da lontano. «La centrale serve solo per business» è la diagnosi, «e dire che non ci si sdraierà davanti alle ruspe, caro sindaco, equivale a una capitolazione».

Imperterrito, Farisoglio ribadirà il suo «no alle trincee e ai cavalli di frisia» (un immaginario che fa molto Grande Guerra), confermando la richiesta di valutazione d’impatto ambientale (VIA). Strumento che per Legambiente Andrea Barucci, in seguito, definirà parziale, chiedendo invece una VAS – valutazione ambientale strategica, di più ampio respiro. La posizione di Farisoglio, pur negativa, è tuttora considerata troppo soft da molti; quanto al "collega" di Olgiate Olona Giorgio Volpi, è molto deciso nel suo no al progetto, pur legittimo, dice, ma così com’è distante dalle vere necessità locali.

Il vicesindaco castellanzese Ferruccio Ferro (Lega Nord), con delega all’ambiente, porrà chiari i "paletti" o precondizioni volute dai castellanzesi: recupero industriale dell’area, sua bonifica integrale, risvolto occupazionale, valutazione d’impatto ambientale. «Il sito chimico non deve restare lì a mo’ di bomba ecologica per le generazioni future». Quanto al business dei certificati verdi, rimarca Ferro, potrebbe avere vita molto corta, in sede UE la "filiera lunga" dei biocarburanti importati non piace più. Infine il dott. Bagatti, amministratore di Borgo Olona, società del pacchetto di proprietà di BEC che possiede parte del polo chimico, sosteneva l’impossibilità di uno sbocco non industriale per l’area. «Impensabile» la bonifica integrale, pensabile invece una riqualificazione «per gradi» partendo proprio dalla centrale: poi si vedrà. Non mancava anche il significativo puntino sulla i posto dalla consigliera regionale leghista Luciana Ruffinelli: «La Giunta regionale aveva siglato con Agrolinz un accordo che prevede la bonifica dell’area, ma l’azienda l’ha impugnato».

Solo a mezzogiorno partivano gli interventi dalla platea (nella foto il "grillino" Celso Costantini), con consiglieri ed ex consiglieri a "beccarsi" fra loro come ai bei tempi andati. Non mancavano contestazioni alla Giunta Farisoglio, accusata di aver tenuto celata a lungo la questione. Il no più duro alla centrale, «senza se e senza ma», veniva dall’olgiatese Andrea Monteduro, capogruppo d’opposizione, che ricorda come nel sottosuolo del polo chimico vi siano fra l’altro arsenico e mercurio fino a quindici metri di profondità. «Immaginate tre motori, come quelli della vostra auto, ma alimentati a olio di palma» aveva detto l’ingegner Brusa di BEC: «inquineranno come diecimila automobili euro5 accese tutte insieme, 24 ore su 24» ribatteva Monteduro, «emettendo 30 kg di gas al secondo e consumando 240 tonnellate di carburante al giorno».
Sul posto anche il presidente di APER – associazione produttori da energie rinnvoabili Roberto Longo: «Ho partecipato a centinaia di queste assemblee» dichiarava. «Una volta è contro l’eolico, un’altra contro le dighe idroelettriche o i biocarburanti. No ai preconcetti o ci troveremo resto a discutere di dover installare non centrali a olio di palma, ma nucleari. Questa è la classica sindrome Nimby». O forse è democrazia galoppante?

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Pubblicato il 01 Marzo 2008
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