Giovanardi: “Un PdL forte e democratico, per oggi e per il dopo-Berlusconi”

E l'ex deputato Giancarlo Galli osa: "Riscriviamo la Costituzione, la Repubblica è fondata sulla libertà, non sul lavoro"

Nel Popolo della Libertà i Popolari Liberali, costola fuoriuscita dall’UDC dopo lo "strappo" di Casini, intendono restare a testa alta, promuovendo i valori cattolici, premendo perchè la compagine divenga partito vero e proprio e proponendosi quali eredi del pensiero politico democratico cristiano. Così si è espresso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi, intervenendo venerdì sera a Varese presso la Palazzina della Cultura di via Sacco di fronte ad un folto pubblico.

L’esponente politico modenese analizza la situazione attuale come apparentemente contradditoria: da un lato «nulla di nuovo sotto il sole, la stessa maggioranza di italiani che si riconosce nei moderati fin dal 1948», dall’altro novità rilevantissime, anzi dirompenti come l’emergere di nuovi grandi raggruppamenti. Giovanardi non manca di fustigare le scelte di quello che fu il suo partito e che ora paga con il purgatorio dell’opposizione l’aver osato dire di no a Berlusconi per andare da solo al voto. «L’UDC si è suicidata, e devo ancora capire perché. Fossimo rimasti, a quest’ora avremmo avuto tre o quattro fra ministri e sottosegretari… Perchè invece Cuffaro e Casini votano contro il governo come D’Alema, Veltroni e Di Pietro?» Cose che capitano in un Italia talmente di destra che perfino il centro si tira indietro. Per ora, anzi per tutto il futuro prevedibile, c’è il Popolo delle Libertà, e per Giovanardi è doveroso lavorare a rafforzarlo, renderlo un vero partito «entro la tornata elettorale del 2009» – pur salvaguardando la specificità dei popolari Liberali con tanto di simbolo e tesseramento propri – e soprattutto farne una forza democratica al proprio interno. «L’alleanza tra Forza Italia e An l’abbiamo anche subita» rimarca l’onorevole, «ma siamo saliti sulla barca in cui ci trovavamo già, non per opportunismo bensì per convinzione». Ciò non impedisce a Giovanardi di bocciare singole iniziative appena prese dal governo: è il caso del reato di clandestinità. «Sono contrario proprio perchè ho cultura di governo» afferma, «Già oggi la legge Bossi-Fini permette le espulsioni e i respingimenti alla frontiera, ma poi non se fa quasi nulla per mancanza di uomini, mezzi e denaro. Con il reato di clandestinità, ad ogni barcone che arriva corrisponderanno centinaia di processi con tutti i gradi di giudizio. A che serve?» Ad impegnare la magistratura abbastanza da non poter fare altro, poco ma sicuro: a pensar male si fa peccato, ma… Giovanardi infine, dall’alto di analisi dei flussi di voto che attribuirebbero al suo movimento da 800mila ad un milione di voti alle recenti elezioni (“soffiati” all’UDC ,che si sarebbe rifatta con i cattolici ex-Margherita scontenti del PD…), tuona contro un certo modo di stilare le liste elettorali: «Non accetteremo che ci si lasci fuori» rende noto, «vogliamo un PdL democratico, è l’unica possibilità per quando Berlusconi sarà Capo dello Stato o smetterà con la politica, o si costruisce una grande forza o la sinistra ricostruita faticosamente da Veltroni senza le scorie radicali diventerà un concorrente forte».

Ad introdurre Giovanardi erano il coordinatore provinciale dei Popolari liberali, Antonio Chierichetti, e la coordinatrice regionale Silvia Ghezzi, e Giancarlo Galli, già parlamentare e sindaco di Mozzate (CO) nonché “inventore” dei contestati ATO per la gestione dei servizi idrici (la legge apposita porta la sua firma). È stato Galli a lanciare le proposte più ardite della serata, a rompere un tabù in realtà soltanto formale. A conclusione del suo intervento, nel quale aveva paragonato il PdL al Rio delle Amazzoni, fiume possente in cui correnti di diverso colore si fiancheggiano senza fondersi, Galli ha parlato senza peli sulla lingua di «riscrivere la Costituzione» quale «compito doveroso». «Dobbiamo dirlo che la Repubblica è fondata sulla libertà, non sul lavoro» le sue parole. Il tutto per mettere, parole sue, fine alla «guerra civile»: «il popolo ha scelto Berlusconi piuttosto che Veltroni per porre fine ad una fase degli ultimi 15-20 anni che sembrava una guerra civile. Nei due schieramenti ci sono ancora le scorie delle culture sconfitte dal Novecento; la nostra è quella vincente». Morale: la destra ha vinto, scriva dunque la sua Costituzione. Ne ha facoltà.

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Pubblicato il 31 Maggio 2008
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