Giallo in barca a vela, arrestato Pietro Colombo

L'imprenditore-skipper prelevato ieri sera dalla sua abitazione dai carabinieri su ordien della magistratura greca. A rischio il processo in corso a Busto Arsizio

"Giallo nel giallo" nella vicenda della morte misteriosa in barca a vela di Giuseppina Nicolini, annegata la notte del 21 maggio 2004 nelle acque territoriali greche tra Prevza e lekfada, nello Ionio. L’ex compagno della donna, lo skipper e imprenditore Pietro Colombo (nella foto), già sotto processo in Corte d’Assise a Busto Arsizio ma fin qui a piede libero, è stato arrestato giovedì sera dai Carabinieri di Gallarate nella sua abitazione in città.

Ad ordinarne la custodia in carcere è stata la magistratura greca, che alcuni mesi fa aveva formalmente rinviato a giudizio Colombo. L’accusa è la medesima del processo in Italia: omicidio volontario. E il dibattimento in corso davanti alla Corte d’assise bustese presieduta dal giudice Novik rischia di essere bruscamente interrotto da questo sviluppo. Infatti si tratta di un caso di applicazione del mandato d’arresto europeo, esattamente come la vicenda da noi rilanciata ieri dell’arresto di un cittadino polacco per diserzione a diciotto anni dai fatti.

L’arresto è stato compiuto, come spiega il capitano Michele Lastella, a seguito di contatti con l’Interpol e di controlli sulle "banche dati Schengen" in cui era stato anche il mandato d’arresto greco per Colombo. L’uomo al momento dell’arresto è apparso alquanto stupito e agitato, e solo in seguito si è calmato comprendendo la situazione. Dopo una perquisizione domiciliare, gli è stato sequestrato del materiale informatico che potrà essere eventualmente utilizzato per le indagini, sempre che contenga elementi d’interesse.

La situazione dei prossimi giorni vedrà probabilmente una sorta di braccio di ferro tra la giustizia italiana e quella greca. Per il pm Polizzi, e ora anche per l’omologo pubblico ministero del tribunale di Igoumenitsa, Colombo colpì la Nicolini, che poi cadde in mare e annegò, nel cuore della notte. Gli elementi che puntano contro Colombo sono delle incongruenze nella tempistica ricostruita degli spostamenti della barca nel braccio di mare interessato, e soprattutto l’assicurazione reciproca sulla vita da un milione di franchi svizzeri che Colombo e Nicolini sottoscrissero qualche tempo prima della tragedia.

Comunque, in una vicenda del tutto indiziaria, fin qui di certamente colpevole si è visto solo il ritardo dei greci nel rilanciare l’indagine, sull’onda di quella condotta dal pm Polizzi a Busto Arsizio. Starà ora alla Corte d’Appello di Milano valutare il da farsi, se estradare o meno Colombo, che attende il suo destino in una cella del carcere di Busto Arsizio. A concludere il processo italiano in Corte d’Assise mancherebbero solo un paio di udienze.

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Pubblicato il 17 Ottobre 2008
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