Caserma fantasma, Reguzzoni contrattacca
"Il protocollo d'intesa per la permuta non è ancora stato sottoscritto, lo riconosce anche il ministero. Non mi faccio tirare per la giacca, questa è una vicenda coplesa e si devono evitare sprechi di denaro pubblico"
Giampiero Reguzzoni non ci sta. Il vicesindaco e assessore all’urbanistica di Busto Arsizio è ancora molto irritato per la vicenda della caserma di via Bellini, culminata nella ciclo-incursione dell’inviato di Striscia la Notizia Vittorio Brumotti in quel di Palazzo Gilardoni. Ma a suscitarne le reazioni è soprattutto la posizione dell’impenditore Dino Scagliola, che punta il dito sul Comune per il mancato progresso degli ultimi accordi ventilati l’estate scorsa. Che in realtà, spiega Reguzzoni, nei fatti non sono formalizzati. «Questo protocollo d’intesa fra Comune, Provincia e Ministero è una bozza» precisa il vicesindaco, «è il risultato di una serie di incontri in cui si ipotizzava un percorso» nella direzione della permuta. In base ad essa il Comune avrebbe acquisito l’immobile di via Bellini, da destinare finalmente ai carabinieri, mentre in cambio la Provincia avrebbe ceduto l’attuale sede del comando di compagnia dell’Arma in piazza XXV aprile e il Comune stesso avrebbe dovuto identificare aree e relativi volumi edificabili da cedere a conguaglio dello scambio, essendo la "caserma fantasma" costruita da Edilteco valutata 9,2 milioni di euro di controvalore. Tutto al condizionale, perchè il protocollo d’intesa «a tutt’oggi non è stato siglato da tutti e tre gli enti, tant’è che non esistono delibere, nè in Provincia nè qui in Comune, che lo recepiscano. Quindi Scagliola non può dire che sia stato disatteso il protocollo d’intesa». C’è di più: «l’ultima comunicazione del Ministero in merito» aggiunge Reguzzoni «riconosce che finchè Busto non avrà identificato il bene oggetto della permuta il protocollo non sarà sottoscritto, carta canta». Comunicazione peraltro autocontraddittoria, laddove poche righe sopra fa riferimento ad un protocollo "sottoscritto" e alla fine chiarisce esplicitamente quanto sopra. Misteri degli uffici romani.
Per il resto, al Comune ciò che risulta è una convenzione regolarmente sottoscritta nel 2000 «e attentamente al vaglio» degli uffici. E il ruolo del Comune, formalmente, era chiuso già alla cessione del terreno, ribadisce il vicesindaco.
Scagliola ha fretta di chiudere una vicenda interminabile, che si trascina da anni, ma Reguzzoni, ammaestrato dalle esperienze, frena. «Da amministratore cerco di evitare sprechi di denaro pubblico, non ci si può far tirare per la giacca da interessi privati, soprattutto in questioni così complicate e importanti non si deve vedere soccombere la pubblica amministrazione» . E chiarisce uno dei motivi della sua irritazione raccontando di un episodio spiacevole: «Di recente ho pagato una parcella di avvocati, con i miei soldi, per una faccenda non dissimile da questa, sempre per una acquisizione di terreni da parte di un privato. Eravano io e altri esponenti di giunte passate, non di quella attuale, eravamo stati chiamati a rispondere dalla Corte dei Conti per un presunto sperpero di fondi. Siamo stati tutti assolti, l’avvocato ho dovuto pagarmelo comunque». Di che indurre alla massima prudenza chiunque.
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