Business Game, giocare a fare i manager piace sempre di più

E' giunta alla decima edizione la competizione annuale tra studenti delle scuole superiori di tutta Italia che si sfidano nella conduzione di un'impresa. Il professor Luca Mari racconta come e perchè la Liuc lo promuove

Dieci anni di Business Game, il gioco che permette agli studenti di imparare facendo attraverso la simulazione di una gestione aziendale nel mercato. Il gioco è promosso dall‘Università Cattaneo di Castellanza dal 2004 in tutte le scuole superiori d’Italia e negli anni ha visto crescere continuamente il numero degli studenti che decidono di prendere parte alla competizione. Il professor Luca Mari (in piedi nella foto in basso, ndr) è tra i fondatori del gioco e sin dall’inizio ne ha curato lo sviluppo, anno dopo anno dal 2004 al 2013. Qui le squadre partecipanti alla finale del 15 marzo.

Professore, com’è cambiato il gioco da allora ad oggi?

«E’ cambiato moltissimo dagli albori, sia in termini di programmazione che in termini di partecipazione

ma il significato di fondo è sempre lo stesso, imparare facendo – spiega – soprattutto lo scopo è quello di far amare un po’ di più la matematica, una materia che spesso è considerata arida. Grazie a Business Game la si può vedere da un punto di vista emozionale. Nel 2004 il gioco era molto scarno e si giocava, sostanzialmente, con un foglio di excel e delle email. Nel 2013 abbiamo un vero e proprio gioco di ruolo che si sviluppa tutto sul web e con un’interfaccia che lo rende decisamente più accattivante. Questo miglioramento ha potrato anche ad una crescita nei numeri della partecipazione dalle 12 squadre partecipanti del 2004 alle 250 di quest’ultima edizione».

E’ davvero come gestire un’impresa?

«Diciamo che anno dopo anno il gioco è diventato più realistico ma non pretendiamo di formare gli imprenditori del futuro con un gioco – prosegue – l’obbiettivo, come detto prima, è avvicinare i ragazzi alla matematica. Certamente i ragazzi sono indirizzati ad una mentalità manageriale attraverso la raccolta dei dati, l’analisi degli stessi, la comparazione con gli obiettivi e la decisione da prendere. Sono tutte fasi che nel gioco ci sono e che corrispondono a quelle che vive il manager di un’azienda. Naturalmente cerchiamo di mantenere la competizione entro certi limiti e non sono previsti, diciamo, i colpi bassi o le decisioni che possono influenzare l’andamento delle squadre concorrenti».

Quindi i ragazzi operano in una sorta di mercato senza malizie e senza posizioni dominanti?

«Esattamente, anche se a dire il vero stiamo pensando ad inserire un’azienda che va in automatico e che non si comporta in maniera corretta – spiega – è una possibilità che per il momento abbiamo solo immaginato e che non sarà presente in questa finale. L’interesse ad inserire una squadra che si comporta in maniera scorretta, però, sarebbe quello di far capire ai partecipanti che questo comportamento deve essere punito con l’uscita dal mercato».

Come si comportano i ragazzi? Che tipo di evoluzione ha visto nel loro modo di giocare?

«Generalmente c’è una correttezza di fondo anche se, qualche volta, abbiamo assistito ad episodi curiosi che danno il senso della competizione forte che c’è tra le varie squadre – racconta – come quando, qualche anno fa, abbiamo ricevuto l’email da parte di una squadra che diceva di volersi ritirare perchè gli studenti erano troppo presi dalle lezioni scolastiche. A quel punto abbiamo telefonato alla scuola per chiedere se erano certi di voler abbandonare il gioco ma gli interessati ci rivelarono che non intendevano abbandonare e che non ci avevano mai pensato prima. Scoprimmo, dunque, che un’altra squadra aveva cercato di escluderli perchè considerati molto forti e validi pretendenti alla vittoria finale».

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Pubblicato il 05 Marzo 2013
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