Anestesia più sicura grazie a una “scoperta varesina”
Uno studio realizzato dall’Università dell’Insubria e pubblicato da “Anestesiology” propone una nuova tecnica di ventilazione meccanica in grado di ridurre le complicanze polmonari
Cambia il modo di ventilare meccanicamente i pazienti in anestesia generale: la rivoluzione nelle sale operatorie partirà da Varese e avrà una rilevanza mondiale. Uno studio tutto varesino realizzato dal Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università dell’Insubria, in collaborazione con il Dipartimento di Anestesiologia dell’Azienda Ospedaliera di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, ha puntato i riflettori su una nuova modalità di ventilazione meccanica nell’anestesia generale, che riduce il rischio di complicanze polmonari e respiratorie postoperatorie legate all’anestesia.
La scoperta del professor Paolo Severgnini, anestesista rianimatore e tossicologo dell’Ospedale di Circolo di Varese e docente del Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università dell’Insubria, che opera presso la Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione diretta dal professor Maurizio Chiaranda, è stata pubblicata da “Anestesiology”, una delle riviste più importanti al mondo del settore ed è stata la ricerca più citata al recente convegno della Società Europea di Anestesiologia (ESA) svoltosi a Barcellona dall’1 al 4 giugno 2013, alla presenza di seimila medici anestesisti provenienti da tutto il mondo.
«Per dare un’idea di quale impatto possa avere questo studio – spiega il professor Severgnini – basti pensare che si stima che ogni anno nel mondo vengono effettuate 234 milioni di anestesie generali per procedure chirurgiche maggiori con un atteso di 7 milioni di complicanze (fonte Lancet 2009) e che nel paziente a medio rischio il 13.3% ha la probabilità di avere complicanze polmonari post-operatorie (l’incidenza scende all’1.6% nei pazienti a basso rischio e si eleva al 42.1% in quelli ad alto rischio), allora si comprende l’importanza di introdurre un nuovo protocollo nelle impostazioni della ventilazione meccanica che riduca il rischio di tali complicanze, prima tra tutte la polmonite postoperatoria».
La sperimentazione era stata approvata dal locale Comitato Etico ed effettuata all’Ospedale di Circolo su 56 pazienti, scelti da una popolazione di 527: «Abbiamo scelto pazienti complessi, a medio rischio, ossia coloro che per svariati fattori (dall’età avanzata, alla lunghezza dell’intervento, alle condizioni generali) presentavano una maggiore probabilità di sviluppare dopo l’intervento una polmonite. La tecnica consiste nel somministrare al paziente – durante l’anestesia generale in ventilazione meccanica – un volume ridotto di gas, rispetto a quello protocollare, e, contestualmente di “tenere aperto il polmone” al fine di evitare una chiusura del polmone stesso (atelectasia), che è alla base poi delle complicanze post-operatorie».
La tecnica tradizionale di ventilazione meccanica nell’anestesia generale risale agli anni ’60: «si è evidenziato che la ventilazione considerata fino ad oggi “fisiologica” con volumi “ampi” può creare dei danni al polmone: invece la tecnica di “ventilazione protettiva” da noi sperimentata (“protective ventilation”) con volumi ridotti e manovre atte a tenere il polmone “aperto” riduce i rischi di complicanze. Nei giorni successivi all’intervento, i pazienti rispondevano bene ai test di funzionalità respiratoria e presentavano da un lato minori alterazioni delle radiografie toraciche e, dall’altro, un buon livello di ossigenazione nel sangue».
Per allargare la sperimentazione e testarla su un campione più ampio si è formato un gruppo di lavoro internazionale in seno all’ESA che ha sperimentato la “protective ventilation” su un campione di 900 pazienti in tutto il mondo, con il programma sperimentale “Provhilo”. Oltre all’Università dell’Insubria e quella di Genova, il pool di ricercatori è composto da medici e anestesisti provenienti da Università, Centri ricerca e Ospedali di tutta Europa: Amsterdam, Dresda, Montpellier, Barcellona, Vienna, Bonn, Uppsala, Leipzig. «La sperimentazione è conclusa, adesso stiamo valutando i risultati – spiega ancora il professor Severgnini – e da Varese attraverso l’Europa si porterà una vera e propria rivoluzione nelle sale operatorie di tutto il mondo».
Lo studio ha ottenuto l’autorevole endorsement di due luminari nel campo dell’anestesiologia: infatti la pubblicazione della ricerca su “Anestesiology” è stata accompagnata da un editoriale dei professori Marcos F. Vidal Melo, del Department of Anesthesia, Massachusetts General Hospital and Harvard Medical School di Boston (Massachusetts), e Matthias Eikermann, Klinik für Anästhesiologie und Intensivmedizin, Universität Duisburg-Essen, Universitätsklinikum Essen (Germania).
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