Laurenza si è insediato: “Chiarezza prima di tutto”
Mister "Oro in Euro" è ufficialmente il proprietario del Varese: "Non volevo situazioni ibride in società: ecco perché ho preso quasi tutte le quote". Sul mercato: "Mi piacerebbe avere un giocatore nato qui"
«Quando mi avete chiesto qual è la mia idea di allenatore ho risposto che mi piacerebbe qualcuno che, per vincere, rischia anche di perdere. O tre punti o zero. Ecco: io al momento di rilevare le quote del Varese ho pensato la stessa cosa: non volevo una coabitazione, una scelta ibrida, una situazione magari poco chiara agli occhi della gente. Ecco perché ho rilevato l’83% della società: voglio chiarezza fin da subito, voglio mettermi in gioco con la mia faccia in questa partita, come sono abituato a fare anche in campo imprenditoriale».
Nicola Laurenza spiega così la scelta, non scontata, di diventare in tutto e per tutto “Mister Varese”: era partito per dare una mano a Rosati, si è ritrovato presidente in pectore con una piccola quota societaria e in pochi giorni ha moltiplicato per otto il suo impegno nel club biancorosso di cui adesso è in tutto e per tutto il "numero uno".
Presidente, il perché di questa escalation è spiegata nelle righe di inizio articolo, il "come" ce lo racconti lei.
«Prima di imbarcarmi definitivamente in questa avventura dovevo ricevere il supporto dagli istituti con cui solitamente lavoro. Sono felice perché ho incassato l’ok della Banca di Legnano, la stessa che mi appoggiò quando non ero nessuno ma avevo una buona idea imprenditoriale. E allora ho sciolto le riserve e acquistato quasi tutto il Varese: potevo fermarmi al 51% ma ho capito che le aspettative e le esigenze della gente erano differenti. Non mi è costato poco, ma con Antonio (Rosati ndr) abbiamo fatto un po’ come al mercato: abbiamo messo sul tavolo domanda e offerta e le abbiamo avvicinate sino a trovare l’accordo».
Insieme a lei ci saranno ancora Montemurro e i soci napoletani. Con il primo lei è in sintonia da anni, con i secondi?
«Sono contento della loro presenza, manterranno le loro quote e il loro investimento nel Varese e mi hanno dato fiducia. Ci siamo sentiti al telefono nei giorni scorsi, domani pomeriggio vedrò Fabbozzi e credo che abbiano voglia di dare un contributo operativo alla società che è la cosa più bella».
Lei, nella prima dichiarazione al sito ufficiale, ha fatto subito appello alle realtà del territorio. Cosa intende di preciso?
«Le mie parole non devono essere lette solo come una ricerca di supporto finanziario. Io credo che in una società la vera ricchezza siano le persone e penso che chiunque possa fare bene all’interno di un sistema. Certo è importante che tutti parlino la stessa lingua e che siano propositivi. Per questo io, al Varese, avrei offerto comunque il supporto organizzativo della mia azienda anche se avessi avuto il 10 o il 30% delle quote. Adesso sarà ancora più automatico: porterò i miei collaboratori, gente che ha esperienza in diversi settori e che può dare alla società le idee giuste per fare bene. Poi se qualcuno vuole investire, io sono l’esempio che il veicolo è quello giusto».
Conferma quindi che l’investimento fatto da sponsor è stato azzeccato.
«Sì e non mi stancherò di dirlo. La mia inizialmente fu una scommessa che con il tempo si è trasformata in una passione e in una scelta utile. “Oro in Euro” (nella foto sul petto di Neto) ha avuto un grande beneficio di immagine con la sponsorizzazione del Varese: oggi la mia azienda, che opera in un settore spesso difficile e talvolta chiacchierato a causa di certi “colleghi”, ha una reputazione ottima che si è costruita con il lavoro ma anche con la serietà con cui abbiamo sostenuto la squadra. Quindi ripeto: se qualcuno vuole investire nel Varese mi chiami, lo incontrerò e gli racconterò come si fa».
A proposito di soldi: da tempo si sente dire (anche se nessuno esce allo scoperto) che il Varese ha debiti con diversi fornitori. A queste persone cosa dice nel giorno del suo insediamento?
«Non sono abituato ad avere debiti e se so che devo soldi a qualcuno non dormo bene. Chiedo solo un po’ di tempo per capire esattamente qual è la situazione ma allo stesso tempo voglio anche occuparmi della questione in prima persona. Con oggi apriamo un ciclo nuovo e voglio sottolinearlo anche su questo fronte».
Qualche preoccupazione c’è anche a livello tecnico. A parte Calil e le comproprietà, il Varese non si è ancora mosso sul mercato.
«Sulla parte sportiva non sono titolato a parlare perché, come sapete, non sono un esperto anche se prometto di migliorare con il passare del tempo. Anche perché quando mi butto in un’avventura voglio studiare il più possibile il mondo in cui devo operare, come è accaduto con l’oro e i gioielli. In generale comunque credo che anche quest’anno sarà un mercato principalmente di scambi visto che in Italia girano pochi soldi rispetto al passato. Questo non vale solo per il Varese ma anche per le altre squadre, a partire da molte "grandi" della Serie A. Sui calciatori che mi piacciono mi sono già espresso: vorrei gente che suda e che si mette al servizio della squadra con la stessa voglia di giocare che hanno i ragazzini. A ciò aggiungo che mi piacerebbe vedere con la maglia del Varese qualche talento sbocciato nella nostra provincia, o qualcuno che è passato da qui per fare carriera. Ma al momento non abbiamo trattative in corso e comunque nomi non ne farei».
Però lei ha già avallato l’arrivo di Sottili.
«Non dal punto di vista tattico, ma da quello personale. Il mister mi è piaciuto nell’incontro che abbiamo avuto prima della firma, mi ha trasmesso sensazioni positive, è una persona che ha energia ed entusiasmo. Caratteristiche che mi piacciono».
Ultimo capitolo: l’iscrizione al campionato. Tutto a posto?
«Sì, sarà mia anche la fidejussione richiesta, nelle prossime ore sistemeremo tutti gli adempimenti. Voglio che d’ora in poi tutti guardino al Varese in modo razionale: è importante avere un quadro di massima della situazione sulle cose da fare. La nostra società negli anni scorsi ha costruito un ottimo progetto tecnico e sportivo ma era basata su poche persone; poi ha iniziato a strutturarsi ma ora deve trovare la tranquillità necessaria per lavorare bene. La squadra si accorge se l’ambiente è sereno e, quando è messa nelle condizioni migliori, rende di più: per questo noi ci dobbiamo impegnare in questo senso».
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