Processo Lo.Li.Ta. ultimo atto, la Cassazione annulla tutto

I giudici della Suprema Corte hanno annullato le sentenze di primo e secondo grado per Luigi Bossi, ex-capo dell'ufficio tecnico di Gallarate, al centro di un indagine insieme ad altri due architetti. Il legale: "Finalmente siamo stati ascoltati"

La Corte di Cassazione ha annullato, senza rinvio, le sentenze di primo e secondo grado relative al processo nei confronti dell’ex-capo dell’ufficio tecnico del Comune di Gallarate, Luigi Bossi (a sin. nella foto) condannato per corruzione e abuso d’ufficio in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio, poi assolto dal solo reato di corruzione in secondo grado. I giudici della Suprema Corte, invece, hanno deciso che la palla deve tornare alla Procura di Busto Arsizio perchè ricominci tutto da capo in quanto, in base all’articolo 521 del codice penale, non c’è corrispondenza tra accusa (che il pm Roberto Pirro Balatto aveva definito come concussione ambientale, ndr) e sentenza (con la condanna dei giudici della corte bustocca per i reati riqualificati in corruzione e abuso d’ufficio).

La vicenda prese le mosse a Gallarate tra il 2006 e il 2008 dove gli inquirenti avevano ipotizzato l’esistenza di  una specie di comitato d’affari che vedeva il vertice in Gigi Bossi, che era a capo dell’ufficio che decideva come e dove costruire in città, e subito sotto Riccardo Papa (allora a capo dell’Ordine degli architetti) e la fidanzata di Bossi, Federica Motta. Il sistema avrebbe portato gli imprenditori immobiliari ed edili ad assumere come architetti Federica Motta e Riccardo Papa come professionisti in cambio di velocizzazioni delle pratiche. 

La corte bustocca, allora presieduta dal giudice Toni Adet Novik (oggi membro della stessa Cassazione, ndr), non aveva ritenuto l’esistenza della concussione ambientale e aveva spezzato il principale capo d’imputazione in due tronconi e cioè l’abuso d’ufficio e la corruzione, comminando pene pesanti sia per il principale imputato Luigi Bossi che per Federica Motta e Riccardo Papa. In secondo grado i giudici assolvono tutti e tre dalla corruzione non ritenendola sufficientemente provata.

C’è grande soddisfazione per il legale di Bossi, Tiberio Massironi, che dopo 6 anni può festeggiare: «In Cassazione, finalmente, siamo stati ascoltati – spiega – la contestazione della corruzione e dell’abuso d’ufficio doveva essere fatta subito. Di tutta quella montagna di carte e intercettazioni non c’è un solo elemento che possa condurre ad un’accusa di concussione, corruzione e abuso d’ufficio. Il pensiero va a Bossi per quello che ha patito, un’ingiusta carcerazione e una gogna mediatica che ha segnato una parte della sua vita».  Ora dovrà essere la Procura di Busto a decidere se far ripartire il procedimento o instradarlo sul binario morto della prescrizione che, ormai, incombe.

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Pubblicato il 19 Febbraio 2015
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