Un luogo dell’anima a Punta Mesco

Procedono spediti i lavori di ristrutturazione del Podere Case Lovara, bene del Fai immerso nel parco delle Cinque terre. Roberto Moretti racconta la storia di un luogo amato anche da Eugenio Montale

Il falco pellegrino volteggia sopra le pendici del bosco. Sfrutta le forti correnti e in un attimo si ritrova a pochi metri dalla terrazza da cui si gode una incantevole vista del mare.

Per arrivare in quel punto nel Podere Case Lovara serve un’ora e mezzo di cammino da Levanto. Il bene del Fai si trova a Punta Mesco, immerso nel Parco delle Cinque terre, lungo il sentiero che porta a Monterosso. Solo nell’ultimo anno su quel tracciato sono passate oltre centomila persone.

Una fatica ripagata dalla bellezza che bene descrive Roberto Moretti, responsabile della struttura per il Fondo Ambiente Italiano.

“È un posto dove è facilissimo svuotare la mente. Basta sedersi, guardare, annusare per vivere una tempesta di sensazioni in qualsiasi momento, con il brutto tempo, il bello, di giorno, di notte. È un posto dell’anima che merita di essere preservato”.

Fu l’istituzione del parco a salvare quel fazzoletto di terra con 45 ettari e tre fabbricati da una sicura edificazione turistica. Nel 2009 l’immobiliare Fiascherino di Monza la donò al Fai e dopo quattro anni, a seguito di un Protocollo d’Intesa con il Parco Nazionale delle Cinque Terre, il Comune di Levanto, il Comune di Monterosso al Mare e la Fondazione Zegna il Fai ha avviato la ristrutturazione di Case Lovara come un sito pilota per la corretta gestione dell’opera dell’uomo in aree soggette a regolamentazione.

“L’unicità di Podere Case Lovara – come si può leggere sul sito ufficiale del Fondo Ambiente Italiano – non è solo dovuta alla bellezza e al fascino di un luogo a picco sul mare, ma anche al modello sperimentale applicato al recupero e alla gestione produttiva di un paesaggio che da secoli lega una forte impronta umana a uno scenario naturale che necessita della massima tutela”.

La vita da quelle parti era molto faticosa. Ogni metro di terra andava conquistato con un duro lavoro. I terrazzamenti richiedevano continue manutenzione e costruzione dei famosi muretti a secco. La vite, gli ulivi, gli ortaggi stanno tornando a crescere dopo anni di abbandoni.

In passato a rendere ancora più difficile la presenza umana era l’assenza completa di energia elettrica e dell’acqua, ad eccezione di quella piovana o dei piccoli ruscelli che scorrono vicini alla proprietà.

Fa un certo effetto conoscere la storia vissuta da quelle parti. Fino agli anni Ottanta il podere era abitato da una famiglia con tre figlie. Queste, per andare a scuola, tutte le mattine risalivano fino al Semaforo in cima alla collina e da lì scendevano a Monterosso. Oltre un’ora di sentiero che si risparmiavano al ritorno, perché venivano riprese da un mulo che andava da solo fino in paese e le aspettava all’uscita per riportarli a casa. Storie di altri tempi, ma ancora vivi nelle memorie di chi oggi gestisce questo progetto a Punta Mesco.

Il podere rappresenta un “caso sperimentale di restauro e gestione di un bene culturale inserito in un ambiente complesso. A pieno regime, già dall’autunno, sarà un’azienda agricola tradizionale con agriturismo che sperimenta moderne tecnologie di sostenibilità ambientale ed energetica, e rappresenta un’azione piccola ma concreta di recupero del territorio alla sua vocazione storica, come risposta al consumo di suolo per abbandono e alla minaccia del dissesto idrogeologico”.

Roberto Moretti ne parla con un misto di orgoglio, ammirazione e riconoscimento. La sua vita è cambiata radicalmente il giorno che ha scoperto che il Fai cercava una persona che volesse lavorare lassù. “Per vent’anni l’informatica è stata la mia vita. Non mi manca e ho scelto di stare quassù. Questo è un posto abbastanza selettivo, le persone che arrivano fin qui amano camminare, muoversi, guardare il paesaggio e la natura. Ci sono tanti spunti e cose da conoscere: le cave di arenaria, il bosco, la storia antica e anche quella recente. Vivere qui era molto faticoso, ma oggi io la vivo come un’opportunità bellissima”.

Nei prossimi mesi il Podere Case Lovara diventerà ancora più attrattivo perché ci saranno una dozzina di posti letto e un punto ristoro con prodotti tipici. I visitatori potranno così scoprire la cultura, la storia, l’attività agricola e conoscere tutte le tecniche per il trattamento delle acque e dell’energia elettrica. Un caso di scuola e un’occasione viva per fare anche didattica sui temi ambientali che tanto ha a cuore il Fai insieme con la dimensione culturale. Non si tratta quindi solo di conservazione, ma di restituire al territorio un luogo magico.

Punta Mesco è un’oasi di pace e bene l’aveva vissuta Eugenio Montale che a quel territorio era legato. A Monterosso c’è un parco letterario dedicato al poeta che passava volentieri del tempo in quel piccolo paradiso. Proprio a Punta del Mesco ha dedicato la lirica che potrete trovare in questo sito dedicato alla sua opera.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Aprile 2017
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