3 esercizi di Anna Cantagallo per una working memory sempre attiva

La dott.ssa Anna Cantagallo, esperta in neurologia e medicina riabilitativa, ci accompagna oggi in un viaggio di scoperta della nostra memoria

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La dott.ssa Anna Cantagallo, esperta in neurologia e medicina riabilitativa, ci accompagna oggi in un viaggio di scoperta della nostra memoria.

O meglio, di un particolare tipo di memoria che tutti possediamo, chi più e chi meno, è che è indispensabile per la vita di ogni giorno.

Parlare di memoria nel modo corretto è fondamentale al giorno d’oggi, soprattutto per non creare confusione e falsi allarmismi in chi crede di avere un problema semplicemente perché ha dimenticato di comprare le zucchine al supermercato.

Insieme a lei scopriremo cosa accade nel nostro cervello quando ricordiamo (o non ricordiamo) qualcosa, e cosa possiamo fare a livello pratico per tenere la nostra memoria più attiva.

La dott.ssa Anna Cantagallo sceglie la narrazione per introdurci nel cuore del problema:

“È tardi e hai bisogno del nome di quella via. Non hai una penna, non hai più un soldo: non hai nulla. Sei bloccato in una cabina telefonica con una pioggia torrenziale a Calcutta e, con gli ultimi 50 centesimi che avevi, sei riuscito a permetterti questa telefonata.

La persona dall’altra parte del ricevitore ti rassicura: Andrà tutto bene, non so come sei finito in quel punto della città ma tornare all’hotel è meno difficile di quel che sembra. Ora ascoltami attentamente: devi continuare su Mall Road per almeno 500 metri, gira poi a sinistra su Jessrode Rd. Percorri questa via per circa due chilometri e prendi Narasingha Avenue, sulla destra, vicino al Bar Optimus. Non appena vedi l’ospedale alla tua sinistra, prendi la traversa a destra, continua per altri 300 metri e all’incrocio con Nagendra Road vai a…

Il credito finisce e ti trovi solo, sotto la pioggia, con delle informazioni dette di fretta e a metà, in una città in cui hai messo piede per la prima volta solo ieri. Riuscirai a trovare l’hotel in cui stai alloggiando?”

La situazione immaginata è un’ovvia esagerazione anche se probabilmente a più di qualcuno è capitato qualcosa di simile.

In questi momenti, suggerisce Anna Cantagallo di BrainCare, quando le risorse sono pochissime e l’unico strumento disponibile per portare a termine un compito è la nostra mente dobbiamo utilizzare una sfaccettatura della memoria definita working memory ovvero memoria di lavoro.

Quante memorie esistono? La risposta di Anna Cantagallo

“Non ho una buona memoria” è una frase che tutti abbiamo sentito dire nella nostra vita, e che magari abbiamo anche riferito a noi stessi più di una volta.

Questa affermazione rivela un comune fraintendimento quando si parla di memoria, anzi due:

  • non si dovrebbe parlare di memoria ma di memorie poiché questa funzione è composta da diverse parti, ognuna con compiti diversi e distinti
  • spesso chi sostiene di avere problemi di memoria ha in realtà un problema, o meglio una carenza, soltanto in una di queste memorie

Inoltre è importante sottolineare che (a differenza di quanto si crede) le capacità mnemoniche non sono fisse ma possono crescere e svilupparsi se adeguatamente allenate, proprio come i muscoli.

Prima di passare alla pratica però è essenziale prendere consapevolezza dello strumento che vogliamo allenare, e capire meglio come funziona.

Per iniziare la dott.ssa Anna Cantagallo ci spiega come le informazioni del mondo esterno vengono immagazzinate dalla nostra mente attraverso tre tipi di memorie principali:

  1. La memoria sensoriale che registra gli stimoli provenienti dai nostri sensi e si estingue in pochissimo tempo (0.5 – 3 sec)
  2. La memoria di lavoro (working memory) che riceve le informazioni dalla memoria sensoriale e si estingue in circa 3-20 sec
  3. La memoria a lungo termine che accumula le informazioni provenienti dalla memoria di lavoro e le organizza in modo strutturato, da minuti a ore, giorni, mesi e anniEmozioni e memoria a lungo termine

Dunque la memoria a lungo termine è il punto d’arrivo di questo percorso, dove tutti i ricordi giungono, o meglio dovrebbero giungere.

“Infatti non sempre questo processo giunge a compimento, e molti dati, ricordi ed eventi si perdono per strada” ci spiega Anna Cantagallo “oppure rimangono disponibili per un periodo di tempo limitato”.

Cosa serve perché un’informazione possa entrare nella memoria a lungo termine? La sua rievocazione. Più un evento viene rievocato più questo si fissa nella nostra mente.

Non si tratta solo della ripetizione meccanica di nozioni, ma di una rievocazione di tipo emozionale.

Questo è il motivo per cui ricordiamo con maggiore facilità i momenti più salienti della nostra vita (la nascita di un figlio, un incontro importante, un’esperienza fuori dall’ordinario).

Certo, può sembrare ovvio, questi sono “i momenti importanti” della nostra vita, ma perché li definiamo tali?

Se osserviamo la cosa da un punto di vista scientifico, la risposta riguarda il rapporto fra ricordi ed emozioni: un ricordo associato ad un’emozione forte si sedimenta maggiormente nella nostra memoria.

Se questo è tuttavia un processo naturale e non possiamo certo “emozionarci a comando” per ricordare le cose che ci avvengono, ci sono altri processi su cui possiamo avere una maggiore capacità di intervento.
E questo ci porta a parlare di working memory.

Cos’è la Working Memory?

“Se pensi di non avere una buona memoria è possibile che la tua working memory non lavori più tanto bene come prima” ci spiega Anna Cantagallo.

“Il suo declino infatti comporta scarsa capacità di attenzione e difficoltà a tenere a mente più informazioni insieme. 

Per definire la working memory potremmo immaginare una sorta di magazzino temporaneo all’interno del quale rielaboriamo e recuperiamo le informazioni necessarie per un compito, mantenendo attiva l’attenzione”.

Queste informazioni sostano all’interno del magazzino della working memory per il tempo necessario all’esecuzione di una determinata mansione. Si tratta di un tipo di memoria estremamente utile soprattutto nei processi di:

  • apprendimento, quando ripetiamo e ripetiamo e, davanti al compito in classe, riusciamo ad utilizzare le informazioni in memoria per rispondere alle domande
  • calcolo matematico, come sommare insieme 5 prezzi diversi mentre siamo in coda alla cassa del supermercato
  • comprensione verbale, come nel caso iniziale, in cui i nomi incomprensibili delle vie devono servire da punti d’attracco mnemonici

Come possiamo migliorare le sue prestazioni? Ci sono tantissimi esercizi che permettono di allenare questa capacità. 


La dott.ssa Anna Cantagallo ce ne propone uno, che può essere fatto immediatamente.

Un esercizio per la working memory

1. Ripetere mentalmente questa lista guardandola solo una volta:

8 H 7 G 6 F 5 D

2. Ora riprova con la seguente mettendo però le lettere in ordine alfabetico e i numeri in ordine crescente:

C 3 V 1 N 6 M 8 S 5

Più difficile rispetto alla prima lista vero?

Non solo perché più lunga di una lettera e di una cifra, ma per i seguenti motivi:

  • nel primo caso abbiamo imparato la lista e ripetuto cifre e lettere in modo passivo, dovendo solo estrapolare dalla memoria a breve termine una lista uguale a sé stessa
  • nel secondo caso abbiamo attivamente rielaborato le informazioni presenti nella memoria a breve termine, riordinando cifre e lettere secondo un ordine crescente

Dunque nel secondo caso abbiamo dovuto attivare la memoria di lavoro, riordinando in modo dinamico le nozioni appena apprese per portare a termine un compito.

La memoria di lavoro è una memoria dinamica, fluida, viva. È un terreno fertile per esplorare le nostre risorse mettendoci in gioco.

Neuroscienze e Working Memory

All’interno degli studi neuroscientifici, grande posto è stato riservato a questo particolare aspetto della nostra memoria, di cui è responsabile la corteccia frontale dorso-laterale.

Uno dei principali modelli di studio della Working Memory è il modello di Baddeley & Hith(1974) che definisce la memoria di lavoro appunto  come una sorta di magazzino temporaneo che trattiene le informazioni per un arco di tempo limitato in modo da poterle utilizzare immediatamente
Si tratta di una funzione implicata in molti compiti della vita quotidiana, dal linguaggio alla risoluzione di problemi. 

La working memory infatti ci permette di parlare, leggere, digitare un numero di telefono, fare calcoli sia a mente che per iscritto (i riporti), riconoscere un volto o un oggetto appena presentato, raccontare un episodio con tutti i fatti accaduti, apprendere le altre lingue.

All’interno della working memory esistono due magazzini diversi:

  • il magazzino fonologico (in cui le informazioni vengono contenute in base al loro suono)
  • il magazzino semantico-lessicale (che invece permette alle informazioni nuove di essere conservate e riutilizzate nel loro significato).

In particolare, l’elaborazione dell’informazione fonologica è stata tenuta in primaria considerazione nella ricerca sull’apprendimento di una seconda lingua (Juffs e Harrington, 2012 Juffs Aspects of working memory in L2 learning. Cambridge Journals. 44.2, 137–166)

Fisiologicamente, dopo i 40-45 anni, questa funzione cala.

Ma non c’è da temere… ci sono tanti modi per mantenere attiva la sua funzionalità!

Working Memory sempre attiva: 3 semplici esercizi consigliati da Anna Cantagallo

1.      La lista di numeri
Per allenare la working memory verbale un ottimo esercizio è ascoltare una lista di numeri e ripeterla ad una persona o scrivere la lista ascoltata secondo un ordine decrescente.

2.      Trova le differenze 
Un esempio di esercizio per allenare la working memory visiva, invece, può essere quello di trovare le differenze fra due immagini, utilizzando quelle reperibili in qualunque giornale di enigmistica. Per rendere il lavoro più efficace è possibile osservare la prima immagine per 30 secondi, coprirla e lavorare sulla seconda immagine senza confrontarla con la prima.

3.      La lista della spesa
Questo esercizio si compone di alcuni passi progressivi:

  1. Scrivere in un foglio una lista della spesa (per iniziare bastano una decina di nomi).
  2. Fotografare mentalmente, in un solo scatto, tutto ciò che serve, nel luogo in cui viene normalmente riposto in cucina. 
  3. “Guardare” per bene la foto, studiandola e memorizzandola. 
  4. Andare al supermercato e comprare tutto ciò che era scritto, cercando di ricordare più oggetti possibili e, una volta a casa, controllare com’è andata. 

Sicuramente manca almeno un oggetto della lista, ma si può sempre migliorare. 

“La  chiave per la memorizzazione” ci spiega Anna Cantagallo “è associare ad ogni oggetto della lista il luogo dove viene riposto. Dobbiamo comprare la farina? Allora immagineremo l’anta e il ripiano che usiamo”.

Associare un’immagine all’oggetto da memorizzare ci permetterà, una volta giunti al supermercato, di ricordare non le parole, ma le immagini ad esse associate.

Allenare la memoria di lavoro richiede impegno e voglia di mettersi in gioco, ma diverrà estremamente utile in qualsiasi campo della nostra vita, dal parlare con un medico delle ultime terapie fatte al raccontare ad un’amica il trailer di un film che ci ha colpito.

La memoria di lavoro è memoria incessante, mai ferma, sempre creativa. 

Svilupparla ci permette di crescere e dimostrare le nostre conoscenze in ogni ambito e, magari, arrivare davvero all’hotel di Calcutta che stavamo cercando all’inizio!

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Pubblicato il 23 Gennaio 2019
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