Common Reporting Standard: cos’è il CRS e perché avvalersi di una consulenza fiscale internazionale

Il CRS è un sistema plurilaterale di scambio automatico di informazioni che permette di raccogliere i dati e le informazioni riguardanti i conti esteri e altre attività finanziarie

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Il CRS (Common Reporting Standard) è un sistema plurilaterale di scambio automatico di informazioni. Uno standard che permette di raccogliere dati e le informazioni riguardanti i conti esteri e altre attività finanziarie allo scopo di condividerli tra i 103 Stati attualmente aderenti al CRS stesso. Tra questi ultimi compaiono anche Stati che avevano fatto del “segreto bancario” un vero e proprio business per attrarre liquidità finanziarie da tutto il mondo come Svizzera, Lussemburgo, Isole Vergini, Isole Cayman e Bermuda.

Lo standard CRS è stato, infatti, ideato e realizzato dalla UE e dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) con lo scopo di facilitare i controlli anti evasione. Non a caso, infatti, in Italia l’attuazione del CRS a far data dal 2017, è stata pubblicizzata dall’amministrazione Finanziaria per incoraggiare i contribuenti a regolarizzare la propria posizione fiscale attraverso le due edizioni della Voluntary Disclosure.

I primi Stati che hanno adottato il CRS (come l’Italia) hanno iniziato a scambiare informazioni nel 2017, altri Stati scambiano dal 2018 ed altri lo faranno a partire dal 2019. Il CRS ha quindi certamente già interessato numerosi italiani che possiedono conti correnti all’estero.

Cos’è il CRS e come funziona

Lo scopo del CRS è quello di identificare chi ha disponibilità finanziarie all’estero e facilitare i controlli da parte dello Stato di residenza di detti soggetti. Con lo scambio di informazioni automatico, in primo luogo, gli Stati vogliono evitare che i “propri” contribuenti possano sottrarre a tassazione i loro redditi “nascondendoli” all’estero.

Vi è poi una finalità più ampia sottesa allo standard CRS, infatti, la conoscenza dei flussi finanziari internazionale e dei loro beneficiari effettivi consente una lotta al riciclaggio e al finanziamento di attività illecite (narcotraffico, terrorismo ecc.).

In estrema sintesi questi sono i passaggi previsti dal CRS:

  1. Le banche e le istituzioni finanziarie dei Paesi esteri aderenti raccolgono informazioni anagrafiche e patrimoniali sul soggetto, che sia una persona fisica o un’entità non finanziaria il cui beneficiario è un soggetto residente all’estero in uno Stato aderente al CRS.
  2. Queste informazioni vengono trasmesse alle autorità di competenza nel Paese estero di residenza, e comprendono obbligatoriamente: per una persona fisica che abbia un conto corrente all’estero: numero di conto, nome e cognome, indirizzo, data e luogo di nascita del soggetto, tutti i redditi da capitale e da attività finanziarie, giacenza annuale del conto; per l’entità non finanziaria, le stesse informazioni riferite al titolare del conto ad essa associato.
  3. Nel caso dell’Italia: gli Stati aderenti al CRS inviano le informazioni o all’Agenzia delle Entrate che poi li utilizza nell’ambito della ordinaria attività di accertamento.

I dati vengono trasmessi da tutti gli Stati in formato elettronico comune (standard) che ne consente una facile “gestione” attraverso forme di elaborazione dati di Intelligenza Artificiale che, nel caso dell’Italia, collega tra loro tutti i dati già presenti nell’Anagrafe Tributaria, con i dati pervenuti dall’estero con il CRS.

Al termine del processo il sistema, in automatico, verifica che quanto già dichiarato dal soggetto nella propria dichiarazione dei redditi coincida con quanto riscontrato con le indagini.

Un esempio per tutti: è noto che un residente in Italia che detenga un conto corrente ad es. in Svizzera lo debba indicare nella dichiarazione dei redditi (Quadro RW del Modello Unico). Attraverso il CRS la Svizzera comunicherà all’Agenzia delle Entrate le informazioni sul conto e l’Agenzia sarà in grado di verificare se i dati del Modello Unico sono compatibili con quelli ricevuti con il CRS.

Va sottolineato nuovamente che: (i) lo scambio di dati col CRS è automatico, non c’è bisogno a monte della richiesta di una qualche giurisdizione; (ii) lo scambio avviene ogni anno (in autunno) sui dati dell’anno precedente; (iii) lo scambio avviene sulla base di un formato elettronico condiviso ed unico per tutti gli Stati, così che i dati possano essere elaborati in modo semplice ed omogeneo; (iv) gli Stati aderenti sono attualmente 103, e sono in continuo aumento grazie alle “pressioni” delle grandi economie mondiali

In conclusione, attraverso il CRS l’Amministrazione Fiscale italiana è entrata ed entrerà in possesso di un enorme mole di dati e informazioni relativi a residenti italiani che detengono beni all’estero. Per questi motivi, AeA Tax Law Studio Associato sottolinea che: (a) sia chi non ha dichiarato i propri averi pensando erroneamente di essere al sicuro all’estero; e (b) sia chi li ha dichiarati in modo incompleto o non corretto; dovranno necessariamente regolarizzare le loro posizioni al fine di ridurre le sanzioni e i danni derivanti dalle violazioni dichiarative pregresse. 

A questi fini la strategia migliore è quella di richiedere una consulenza fiscale internazionale a un gruppo di professionisti, che possano dissipare ogni dubbio sulla regolarità della propria posizione e se del caso, sulle modalità più opportune per procedere alla regolarizzazione.

Perché avvalersi di una consulenza fiscale internazionale

Come indicato il CRS impone alle istituzioni finanziarie (banche ecc.) degli Stati aderenti al CRS stesso di ricercare nei propri archivi elettronici un ampio volume di dati per: (i) individuare quali clienti siano residenti in Stati aderenti al CRS; e (ii) per raccogliere i dati finanziari e patrimoniali di detti soggetti.

La banca è tenuta, come ultimo passaggio, a comunicare tali dati alla propria autorità statali che poi scambieranno i dati con all’amministrazione finanziaria Italiana.

E’ evidente quindi che il CRS possa fornire le premesse per un numero enorme di nuove indagini fiscali. Per crederlo basta considerare la frequenza con cui emergono nuovi casi di patrimoni trasferiti o detenuti all’estero in modo non corretto, nonostante le due voluntary disclosure degli anni passati. Solo nel 2018, il monitoraggio condotto dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza ha rivelato 160 nuovi evasori fiscali, con relative omissioni nelle dichiarazioni al Fisco di oltre 1,85 miliardi di euro. Un patrimonio consistente che veniva celato oltre confine.

Sbagliare ed essere “beccati” è oggi molto probabile, anche senza intenzionalità: sia che si tratti di residenza estera fittizia, sia che la violazione sia avvenuta in materia patrimoniale. Ciò in quanto è facile commettere irregolarità fiscali in ambito internazionale vuoi per semplice trascuratezza, vuoi perché le norme sono obbiettivamente molto complesse.

Per cautelarsi dagli errori è possibile affidarsi ad uno studio legale tributario che sia esperto di fiscalità internazionale e sappia eseguire tutte le valutazioni necessarie in merito agli assets detenuti all’estero. Ci si può avvalere di una consulenza fiscale o di una consulenza fiscale internazionale per diversi motivi, tre dei quali sono particolarmente concreti dal momento in cui è stato adottato il CRS:

  • quando si vuole regolarizzare la propria situazione prima che il Fisco entri in gioco: lo studio legale tributario può valutare quali sono i redditi esteri non dichiarati e quali sono le mosse da compiere per renderli conformi alla normativa;
  • quando si vuole minimizzare la sanzione derivata da un accertamento già in corso da parte del Fisco: gli esperti in consulenza fiscale possono identificare le modalità più opportune per colloquiare con il Fisco al fine di ridurre il carico delle sanzioni (ricorrendo ad esempio agli istituti del “accertamento con adesione” ovvero del “ravvedimento operoso”;
  • infine, lo “spauracchio” del CRS impone ai contribuenti di analizzare in anticipo e con grande attenzione tutte le conseguenze dei futuri investimenti esteri (immobili, partecipazioni sociali, ovvero, semplicemente l’apertura di un conto corrente per le più svariate ragioni). .

Un buon consulente che abbia una notevole esperienza pratica degli aspetti numerici e dichiarativi, è in grado di ponderare attentamente il profilo del cliente e sa proporgli diverse alternative per formalizzare la regolarizzazione o per procedere agli investimenti. Lo studio legale tributario AeA Tax Law Studio Associato vanta una grande esperienza nella soluzione di problematiche legate alla fiscalità internazionale, ed affianca i suoi clienti con competenza nelle problematiche internazionali legate alla detenzione di assets all’estero da parte di persone fisiche, ma anche nel processo di valutazione di partecipazioni societarie e asset aziendali – anche a fronte di una imminente riorganizzazione patrimoniale o successoria.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 06 Marzo 2019
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