Prodi: “Sulla via della seta l’Europa non c’è ancora”
L'ex presidente del consiglio è intervenuto a un webinar organizzato da un gruppo di atenei italiani tra cui anche l'università dell'Insubria

«Non so perché mi abbiate invitato perché ne sapete più voi di me». Così Romano Prodi inizia il suo intervento al webinar “La via della seta oggi”, un progetto finanziato dal ministero dell’Università e della ricerca e che vede impegnato un gruppo interdisciplinare di esperti provenienti dall’università dell’Insubria, di Bologna, di Trieste e di Genova dedicato appunto alla Via della seta.
Nonostante Romano Prodi abbia messo le mani avanti, il suo intervento ha dato moltissimi spunti sugli elementi di forza e debolezza di questa via commerciale che secondo il professore altro non è che «una grande proposta di politica estera globalizzata da parte della Cina». All’inizio si articolava su tre itinerari: aereo, ferroviario e marittimo. Il maggiore sviluppo lo ha avuto la via marittima che ha due caratteristiche: tempi molto lunghi e molti percorsi intermedi.
Discorso a parte merita la via marittima della Siberia che, secondo Prodi, esemplifica bene quello che sta avvenendo in questa fase: si potenziano i porti del nord Europa per dare uno sbocco all’export della Russia, sia verso est che verso ovest. Un corridoio importante, certo, ma che interessa un paio di milioni di abitanti. «Non è certo quella la via della seta» sentenzia il professore.
Il progetto cinese non è nato dal nulla, ma è stato sostenuto da un grande periodo di trattazione politica con un piano di investimenti enorme da parte di tutti i paesi europei che parteciparono con la Banca europea per gli investimenti. «Il terminale europeo della Via della seta – ha spiegato Prodi – è però ancora molto modesto. Non c’è stata nessuna grande iniziativa comune per colpa dell’Europa. Ci si deve attivare facendo investimenti nelle infrastrutture portuali che però non bastano».
Quello che serve è un rapporto politico attivo con Bruxelles. In questa fase la Cina dà una corsia di preferenza all’est Europa perché il minor costo del lavoro rende interessante il loro utilizzo come punto di arrivo nel Vecchio continente. «Da parte europea c’è una crescente diffidenza nei rapporti con la Cina – ha continuato Prodi – ma in questa situazione non possono mancare Germania, Francia, Italia e Spagna».
Per quanto riguarda l’Italia, che sarebbe il terminale naturale per la via marittima con la Cina, la mancanza di investimenti adeguati nelle infrastrutture portuali ha creato dei ritardi che ci pongono in secondo piano rispetto all’importanza strategica di quel rapporto. «In Italia abbiamo l’arco tirrenico e adriatico che sono vicini ai grandi mercati del nord – ha spiegato Prodi – ma la politica sui porti italiani è stata insufficiente ed è per questo che la via della seta per mare e per terra rimane una via del nord Europa anche se non ha alcun senso».
Prodi conclude con un monito: «Qualsiasi sia l’esito delle elezioni americane, l’Europa ha interesse a portare avanti l’alleanza atlantica ma la rottura con la Cina è un’autentica follia perché l’est è importante quanto l’ovest. Non capisco perché l’Europa non faccia una piattaforma tutta sua, autonoma e forte in un momento come questo in cui l’opinione pubblica americana non guarda con favore alla Cina. Ci sarà un reshoring parziale da parte delle multinazionali, ma la globalizzazione non è finita perché gli interessi sono ancor a troppo intrecciati tra loro».
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