Secondo capitolo della trilogia di Nick Drake
Il nostro va a Londra e cambia gli arrangiamenti

Nel febbraio ’71 esce il secondo capitolo della splendida trilogia di Nick Drake, Bryter Layter, che si può definire l’album urbano del cantautore. Five Leaves Left era stato lodato dalla critica ma aveva venduto poco, e c’era la complicazione che non si riusciva a fargli fare concerti: stava zitto e accordava la chitarra fra un pezzo e l’altro, ogni tanto si interrompeva e se ne andava… presto smise del tutto perché era inutile. Il suo produttore Joe Boyd, lo stesso dei primi Pink Floyd, lo mandò allora a Londra dove la scena musicale era effervescente e ne venne fuori questo album che abbandona gli arrangiamenti pastorali del primo a favore di una strumentazione più elettrica. La formazione è sontuosa: vi spiccano Richard Thompson e John Cale, il gallese dei Velvet Underground, ma in generale il suono è cambiato e, se vogliamo, si può avvicinare a tratti alle splendide cose che faceva Van Morrison, spingendosi fino ad atmosfere jazz. Ma il problema resta la persona di Nick, che conduce una vita da vagabondo con forte segni di qualche malattia psichica: “If words were lines in a conversation/ situation would be fine” è un verso che traccia bene il suo comunicare solo con le canzoni. Disco stupendo, anche molto orecchiabile, ma non sarà un successo.
Curiosità: lo strano titolo è in realtà una specie di “scrittura fonetica” di Brighter Later, che era l’espressione usata nelle previsioni meteo per dire che il tempo, dopo un brutto acquazzone, si sarebbe messo a posto. Tornerà il sereno, insomma: una promessa che purtroppo non sarebbe valsa per Nick…
La rubrica 50 anni fa la musica
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