Il destino dell’ospedale di Gallarate? “Non togliamoci possibilità”

Con l'idea dell'ospedale unico, il piano Asst prevede che dell'attuale Sant'Antonio Abate rimanga un solo edificio. Il medico Elena Pastò e l'architetto Alessandra Pandolfi, membri "laici" della commissione sanità, chiedono un altro approccio

ospedale Sant'Antonio Abate Gallarate

Sulle aree dell’attuale ospedale serve una proposta «cautelativa», che definisca le funzioni che la città vuole mantenere in centro. È l’idea del medico Elena Pastò e dell’architetto pianificatore Alessandra Pandolfi, due dei cinque membri ‘laici’ della commissione speciale sull’ospedale unico creata a Gallarate.

Sganciate dalle appartenenze partitiche e lavorando fianco a fianco sulle proprie competenze, Pandolfi e Pastò hanno lavorato a una proposta che serve a delineare la cornice della futura definizione dell’area che dovrà assumere una nuova funzione quando – minimo sette anni – sarà pronto l’ospedale unico. «Attualmente l’unico edificio che intenderebbero mantenere è il Boito (il cosiddetto “ospedale vecchio”, ndr), un edificio storico, con i tutti i suoi pro e contro» sottolinea l’architetto Pandolfi. «Non è facile mantenere l’edificio storico al passo con gli standard sanitari odierni».

Il piano di Asst che riduce l’area sanitaria al solo edificio più antico ha trovato voci critiche in modo quasi unanime, tra maggioranza e opposizione.
Il piano di Asst è partito da una serie di funzioni predeterminate e ha previsto appunto il mantenimento di un’unica struttura, arrivando al livello di dettaglio di definire la ripartizione interna tra i servizi che dovrebbero lì rimanere, vale a dire Centro Psico Sociale, Neuropsichiatria infantile, le funzioni di ospedale di comunità, le sedi delle associazioni sanitarie (come l’Avis).

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Il piano di Asst prevede il mantenimento del solo padiglione Boito, nell’area dell’attuale ospedale

Troppo nel dettaglio, anche secondo Pastò e Pandolfi: «La sanità cambia ogni giorno, per rispondere alle esigenze reali delle persone: dire oggi quali saranno le funzioni potrebbe essere limitante in futuro» spiega la dottoressa Pastò, che è medico di base. Tenendo conto anche che l’orizzonte temporale per arrivare al nuovo ospedale unico Gallarate-Busto è – ufficialmente – di 96 mesi, che con qualche ritardo prevedibile rischia di diventare una prospettiva decennale.
«Oggi stiamo scegliendo un farmaco prima di avere certezza della diagnosi» continua l’architetto Pandolfi, rifacendosi a una metafora medica. «Ma la diagnosi vera la sapremo tra dieci anni, solo allora sapremo quale è il contesto reale».

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«Dobbiamo evitare di arrivare ad avere tra dieci anni uno strumento – l’accordo di programma – che è già diventato vecchio. Questa è la difficoltà con cui un pianificatore deve confrontarsi» continua l’architetto Pandolfi.
Che richiama anche una preoccupazione diffusa e ripetuta sugli effetti concreti: «Quello che si deve evitare assolutamente è che ci sia un abbandono come visto a Legnano». Oggi il vecchio ospedale di Legnano è in grandissima parte abbandonato e in più ospita ancora al suo interno poche isolate funzioni (come la continuità assistenziale, la guardia medica), con problemi anche di accesso in sicurezza. 
A Gallarate se possibile la situazione è ancora più delicata: «L’ospedale Sant’Antonio è nel cuore di Gallarate: quando qualcosa viene abbandonato tutto ciò che c’è intorno tende a soffrire».

Tornando al cuore della proposta di Pastò e Pandolfi, le due proponenti dicono che di debba lavorare a uno strumento che possa «garantire la giusta flessibilità, perché l’accordo di programma non diventi obsoleto ma rimanga funzionale e garantisca il riutilizzo». Senza predeterminare il destino dei singoli edifici o quello urbanistico delle aree: «Oggi si può ragionare solo per funzioni, non per volumi ed edifici dice l’architetto Pandolfi, che ha esperienza di pianificazione e studio di aree dismesse.
Viene richiamato anche un altro aspetto non secondario: «Non possiamo né dare per scontata né escludere la necessità di una bonifica, in un comparto che ha avuto così a lungo una funzione ospedaliera». La mancanza di uno studio preventivo potrebbe comportare problemi per un riutilizzo e in questo senso è «prematuro indicare residenziale o uso pubblico».

La proposta dei due membri “laici” della commissione speciale è invece procedere confermando per ora la «macrofunzione socio-sanitaria» e immaginando che in quell’area si vada poi a inserire funzioni compatibili, «servizi per anziani, casa di riposo, ma anche un polo di medicina sportiva, un polo socio-sanitario, cohousing, servizi residenziali/semiresidenziali».

Il documento redatto può essere un punto di partenza: «Tecnicamente oggi noi aspettiamo ancora una risposta da parte di Asst» premette la dottoressa Pastò. Nel frattempo ogni forza politica sta procedendo con propri documenti e prese di posizioni, come è apparso evidente nell’ultimo mese. «Credo che ci sia un terreno comune. Se le diverse proposte vengono messe una a fianco all’altra troveremmo punti in comune da cui partire».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 30 Giugno 2022
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