In corsa contro il tempo, sei giornalisti a confronto su una professione che cambia
Tempi limitati, spazi dilati: un panel con Diego Minonzio, direttore de La Provincia, Lorenzo Rinaldi, de Il cittadino di Lodi, Andrea Filippi, de La Provincia pavese, Nunzia Vallini, direttrice de Il Giornale di Brescia, Silvestro Pascarella direttore de La Prealpina e Marco Giovannelli di Varesenews
Tempi limitati, spazi dilati. Se c’è un panel che ben rappresenta il tema portante di Glocal, ovvero i limiti, è questo.
Seduti al tavolo della sala della Camera di Commercio sei direttori di giornale che hanno affrontato molti dei temi legati al cambiamento di questa professione, cambiamento che non parte, come ha precisato subito il direttore di Varesenews Marco Giovannelli, dal dualismo carta-web.
«Una questione che ormai spero sia considerata archiviata – ha detto Giovannelli – Semmai il vero tema è quello della sostenibilità, che riguarda tutti, i giornali on line come quelli che si vendono in edicola».
A confrontarsi Diego Minonzio, direttore de La Provincia, Lorenzo Rinaldi, de Il cittadino di Lodi, Andrea Filippi, de La Provincia pavese, Nunzia Vallini, direttrice de Il Giornale di Brescia e Silvestro Pascarella direttore de La Prealpina.
La vita di molti dei giornali che hanno avuto il monopolio per decenni, è cambiata radicalmente con l’arrivo dei quotidiani digitali.
«La Provincia di Como è un giornale che ha 130 anni di storia – ha detto Minonzio – ma sta affrontando un passaggio strategico. Dobbiamo però tenere conto del fatto che siamo in un sistema comatoso, parassitario, inadeguato, arrogante e servile. Non dobbiamo raccontarci delle storie e non abbiamo molto tempo per uscire da questa situazione, al massimo 7 o 8 anni».
Una soluzione, com’è emerso dal confronto, non c’è: ogni giornale ha adottato strategie proprie.
«Il Giornale di Brescia si muove su più piattaforme: abbiamo radio, giornale televisione e web- ha spiegato Nunzia Vallini – esiste un unico luogo dove vengono prodotte le notizie per tutti i mezzi. Il giornalista deve avere competenza del mezzo e competenza della materia».
Una situazione simile si trova anche nelle altre testate. «Anche Prealpina era in regime di monopolio – ha detto Pascarella, poi con l’arrivo di Varesenews (il primo giornale on line nato in provincia di Varese ndr) le cose sono cambiate. Noi siamo approdati al web con un po’ di ritardo, ma abbiamo recuperato e presto quella sezione sarà rinnovata. Abbiamo poi un telegiornale che oggi è in un’unica edizione ed è rafforzata da approfondimenti».
Progetti che integrano e potenziano il lavoro quotidiano possono servire non solo a uscire dallo “stato comatoso” ma anche a sostenere economicamente il giornale.
Ma come è possibile guadagnare nuovi lettori e parlare a quella categoria di persone che i giornali non riescono ad “intercettare”, ovvero i giovani? Assumendo giovani?
Quello di arricchire le redazioni con nuove risorse è argomento complesso che nell’incontro tra i sei direttori ha avuto molto spazio.
«Noi abbiamo 13 giornalisti e moltissimi collaboratori, ma non è semplice fare nuove assunzioni. Sostituiamo chi se ne va – ha detto Lorenzo Rinaldi – A mio avviso però non è questione di età anagrafica, ma di forma mentale, di capacità e volontà dei singoli di mettersi alla prova con un mondo che cambia e si evolve. Occorrerebbe poi modificare il contratto nazionale per valorizzare il ruolo dei collaboratori».
«Mi piacerebbe ragionare di under 30 ma posso ragionare solo degli under 40 – ha aggiunto Andrea Filippi – . La questione anagrafica è fondamentale e la sento come estrema forza. Esiste il problema della formazione e della cultura generale, ma i giovani devono anche a imparare a interfacciarsi con il nostro lettore che al momento è comunque un pensionato«.
«Noi ne assumeremmo a frotte perché i giovani danno energia, ma non possiamo – ha detto Vallini -. Gli unici ingressi under 40 e under 30 sono stati possibili grazie all’uscita di altri. Tuttavia dobbiamo fare attenzione a non cadere nel giovanilismo a tutti i costi: perché si rischia la sindrome della rottamazione, da una parte, e rischiamo che i giovani sentano il peso di salvare il giornalismo in Italia, dall’altra. Il problema inoltre non è solo legato all’età anagrafica. Bisogna saper fare il giornalista: bisogna amarlo questo lavoro, che richiede sacrificio. Il problema è agganciare i giovani per capire chi sono e dare loro spazi per comunicare. Perché esistiamo oggi che ruolo abbiamo? Questa è la domanda che dobbiamo farci tutti, giovani e non giovani.
Consapevoli che siamo parte di una storia comune».
«L’età media dei giornalisti assunti è molto alta perché gli editori hanno tagliato e non hanno investito – ha concluso Minonzio – . Adesso abbiamo esigenze specifiche sul digitale che gli over non sono capaci di gestire, ma non facciamoci ingannare dagli smanettoni. Noi abbiamo assunto nove under 25 ma dovevano avere caratteristiche ben precise: essere laureati, sapere benissimo l’inglese ed avere una eccellente culturale generale. Si parte sempre dalle competenze specifiche dei ragazzi che poi vengono affidati ai senior, che hanno lavorato per anni sui territori. La prima esigenza resta comunque difendere l’autorevolezza del marchio. E questo si può fare solo con professionisti colti e preparati».
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